battaglia legale
Migranti, i clandestini inventano scuse ridicole per non lasciare l’Italia. E i giudici stanno dalla loro parte
Il tema dei migranti resta al centro del dibattito politico, all’indomani del vertice del Med9 a Malta in cui la premier italiana, Giorgia Meloni, ha trovato la sponda degli altri Paesi del Sud dell’Europa - in particolare del presidente francese Emmanuel Macron - sul delicato dossier in vista dei prossimi appuntamenti europei. Ma a tenere banco è la decisione dei giudici della Sezione Immigrazione del tribunale ordinario di Catania, che hanno accolto il ricorso di un migrante - un cittadino tunisino arrivato lo scorso 20 settembre a Lampedusa e poi trasferito nel nuovo centro di Pozzallo - non convalidando il provvedimento con il quale era stato disposto il suo trattenimento. Il tribunale ha quindi disposto il rilascio immediato. I giudici hanno rilevato alcune illegittimità nelle misure adottate, evidenziando che «il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda» e che «il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione». Inoltre, i giudici contestano che la cauzione di circa 5mila euro da pagare per non andare nel centro non sia «compatibile con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33» in termini di legittimità.
Subito il ministero dell’Interno ha deciso di impugnare il provvedimento: la fondatezza dei richiami giuridici in esso contenuti sarà quindi sottoposta al vaglio di altro giudice. Ma è soprattutto a livello politico che la decisione di Catania causa un piccolo terremoto. Tra i primi a contestare la scelta il leader della Lega, Matteo Salvini: «Sbarcato da 10 giorni, e ricorso subito accolto dal tribunale. Ma aveva l’avvocato sul barcone? Riforma della Giustizia, presto e bene», scrive sui suoi social, mentre molti esponenti della Lega fanno notare la velocità della decisione sul migrante, mentre lo stesso Salvini è a processo da anni. Da Forza Italia, il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, tuona: «Ci sarà una parola fine da un giudice al termine di questo dibattito. È chiaro che il problema dell’immigrazione è un problema enorme. Non c’è nessuno, nemmeno chi critica e chi fa polemica, che ha la bacchetta magica per risolverlo. Ma il nostro Paese deve prendere dei provvedimenti perché non può essere il luogo di arrivo e di permanenza di centinaia di migliaia oggi, e domani, perché no, di milioni di cittadini che scappano ad esempio dall’Africa da guerre, colpi di Stato, alluvioni, terremoti».
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Per il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, la notizia «muove più sdegno che sorpresa. Occorre rilevare che, trattandosi di normativa promanante da un decreto legge, al giudice compete di rispettare il dettato costituzionale, segnatamente l’articolo 101». Per l’opposizione però la decisione «è la dimostrazione che il decreto voluto dal governo è semplicemente illegittimo e inapplicabile», come si sottolinea dal Pd, mentre per i 5Stelle è «l’ennesimo fallimento del governo».