guerra fratricida

Pd, il ritorno di Cofferati è già un flop. Insurrezione dei riformisti sul Jobs Act

Se voleva dare una mano, Sergio Cofferati ha mancato di molto l’obiettivo. Almeno per il momento. Già segretario della Cgil, eurodeputato Pd e infine sindaco di Bologna, Cofferati ha lasciato il partito nel 2015 in polemica con la gestione di Matteo Renzi. Ed è da Renzi e da una delle più contestate - soprattutto da sinistra - riforme del suo mandato da presidente del Consiglio che Cofferati riprende il discorso: «La stagione del renzismo è definitivamente finita. Se qualcuno oggi approvasse il Jobs Act dovrebbe spiegarne il perché». Parole che fanno insorgere chi, nel Partito Democratico, quella stagione l’ha vissuta in prima linea e rivendica di essere rimasto a lavorare «per il partito».

 

  

 

Fra questi c’è la deputata e già responsabile Lavoro della segreteria Renzi, Marianna Madia. «Ero responsabile Lavoro nella prima segreteria Renzi. Pronta ad argomentare cosa siamo riusciti a fare e dove non siamo arrivati», dice oggi Madia. Le fa eco la compagna di partito, Lia Quartapelle, la quale riconosce che «le riforme hanno sempre bisogno di un tagliando, alla luce delle cose che hanno funzionato e dei problemi nati nell’implementazione», ma «la furia iconoclasta con cui alcuni - ultimo Cofferati - si scagliano contro il Jobs Act non aiuta a ragionare e guardare avanti».

 

 

Il senatore Filippo Sensi, già braccio destro di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, non entra nel merito della legge, ma si sofferma sul rispetto dovuto a chi ha continuato a militare nei dem: «Quando si entra o si torna in un partito sarebbe buona norma rispettare le persone che ci sono. Persone che in questi anni hanno militato e lavorato per questo partito, le loro idee, le loro storie. Rispettando le persone si rispetta il Pd». Ad insorgere, tuttavia, sono anche i renziani che hanno lasciato il partito per fondare Italia Viva, a cominciare dal diretto interessato: «Sergio Cofferati - l’uomo che scelse di far perdere il Pd in Liguria dopo aver perso le primarie contro Lella Paita - è rientrato nel Pd e ha sparato contro il JobsAct», spiega Renzi. L’inciso di Renzi riguarda la corsa di Cofferati alle primarie per la scelta del candidato Pd in Liguria. Cofferati se la vide, allora, contro Raffaella Paita, uscita vittoriosa dalla consultazione nei gazebo, ma non da quella nei seggi elettorali. In quell’occasione Cofferati denunciò: «Per imporre, realizzare il modello politico anche in Liguria delle larghe intese con il centrodestra - che io mai avrei appoggiato - si è fatto ricorso in modo spregiudicato al sostegno del centrodestra nelle primarie del nostro partito. E anche all’inquinamento con voti comprati». Un j’accuse al quale seguì l’addio di Cofferati al partito. Una ragione che, assieme all’attacco di Cofferati al Jobs Act, porta i renziani a rinnovare l’invito ai riformisti del Pd perché lascino il partito per traslocare, è il messaggio implicito, proprio in Italia Viva.