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Migranti, la confessione dell'ex grillino inguaia Conte: "Seguiva la linea Salvini"

Benedetto Antonelli

L’ex senatore del Movimento 5 Stelle Gregorio De Falco è stato sentito come testimone nel processo di Palermo in cui è imputato il vicepremier Matteo Salvini. Divenuto famoso per quel celeberrimo «Vada a bordo, ca...» urlato al Schettino, di recente è tornato ad indossare la divisa della Guardia costiera. Ma nell’agosto del 2019 vestiva i panni del parlamentare grillino. Ed è proprio per questo motivo che è stato ascoltato nell’aula bunker del carcere Pagliarelli nell’ambito del cosiddetto caso Open Arms. Il suo è apparso quasi un "comizio" contro il governo di allora, con Giuseppe Conte premier e Salvini ministro dell’Interno. Con la sua ricostruzione dei fatti, però, ha fornito anche alcuni elementi importanti in cui si apprende come la linea adottata dall’allora titolare del Viminale fosse condivisa dall’intero esecutivo, o quasi. Prima di riportare le parole di De Falco, è utile ricordare in breve di cosa stiamo parlando. Salvini è accusato dalla procura di Palermo di aver sequestrato 147 migranti a bordo della nave dell’ong Open Arms. Nell’agosto 2019 quei profughi rimasero diversi giorni in attesa di ricevere il porto sicuro per lo sbarco, dopo che il 14 agosto il Tar del Lazio aveva sospeso il decreto del governo permettendo alla nave di entrare nelle acque italiane. Il 20 agosto la procura di Agrigento sequestrò la nave disponendo lo sbarco di tutti gli immigrati. La posizione del Viminale e dell’esecutivo nella sua interezza era chiara: gli immigrati sarebbero dovuti scendere a terra solo quando fosse stata definita la redistribuzione tra tutti i Paesi europei. Questo il quadro.

 

  

 

Ora possiamo riportare le parole di De Falco pronunciate ieri in aula. «Nell’agosto del 2019, il governo era composto da Lega e M5S - ricorda l’ufficiale della capitaneria di porto, oggi in servizio a Napoli - Dopo l’intervento del Tar Lazio, che aveva sospeso l’interdizione alla navigazione della nave Open Arms, scrissi un messaggio all’ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. Le chiesi di non firmare un ulteriore decreto di interdizione, perché avrebbe costituito un aggiramento del provvedimento giudiziario. Mi confidò le difficoltà politiche di questa presa di posizione che avrebbe aumentato il consenso di Salvini, contribuendo ad esaltarne la figure e a raccoglierne ulteriori consensi e avrebbe messo in difficoltà il M5S. Ciò nonostante, mi assicurò che non lo avrebbe firmato e neppure l’allora ministro Danilo Toninelli». E ancora: «Nel 2019 durante il governo gialloverde il M5S non voleva essere lasciato indietro in questo atteggiamento rigoroso sui migranti, che dava tanto consenso. E Conte seguiva Salvini nella politica sui migranti», riporta l’Adnkronos. Quindi, in base a questa deposizione, l’allora M5S e lo stesso Conte ritenevano più conveniente elettoralmente non distaccarsi dalla linea politica sui migranti di Salvini. Inoltre, come sottolineano fonti della difesa dell’allora ministro dell’Interno Salvini, «questa ennesima udienza dimostra che sul banco degli imputati c’è una linea politica e non una condotta. De Falco infatti ha ricordato che Conte aveva indicato come linea politica del governo che i migranti dovevano sbarcare solo dopo la redistribuzione, dunque era condivisa e legittima l’attesa di qualche giorno». Ricapitolando: Giuseppe Conte nel 2019 condivideva quanto faceva Salvini al Viminale. Non solo.

 

 

In quei giorni di agosto, con l’Open Arms ferma di fronte alla costa italiana, l’ex presidente del Consiglio sostenne il principio per cui i migranti sarebbero dovuti scendere solo quando fosse stato chiaro in quali Stati europei sarebbero dovuti andare. Piena sintonia, insomma. Che cozza con quanto sostiene oggi il leader del M5S. Lunedì scorso, in un’intervista al Tg1, ha detto che «il governo ha fallito sugli sbarchi che sono più che raddoppiati» e che pensare a «un blocco navale» non è la soluzione. Grazie a De Falco, però adesso scopriamo che allora l’ex premier condivideva la linea dura del ministro Salvini. Come detto all’inizio, nonostante l’assist involontario alla difesa di Salvini, De Falco ieri ha trasformato l’udienza in un duro attacco proprio contro il governo di allora: «I decreti Sicurezza sono un vero e proprio travisamento delle convenzioni internazionali, perché il secondo decreto citava in modo forviante la convenzione di Montego Bay, in cui è stabilito che uno Stato può vietare la navigazione in acque territoriali, solo se si presenti ostile o pericolosa. La stessa convenzione però cita i casi di non ostilità, come i soccorsi in mare. Quindi i soccorsi non possono essere mai intesi come casi di interdizione». E ancora: «Non si devono fare arrostire le persone a bordo delle navi, non si deve fare politica sulla pelle delle persone. A bordo della Open Arms nell’agosto del 2019 c’erano persone che stavano malissimo, non erano in imminente pericolo di vita, altrimenti si sarebbe fatta una evacuazione medica ma erano persone sofferenti». De Falco ha criticato duramente anche la Guardia costiera libica, «composta in gran parte da delinquenti provenienti dalle galere libiche».