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Pd, la scissione in Liguria scatena il terremoto. I riformisti inchiodano Schlein

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Dalle parti dell’area riformista del Pd raccontano che della brutta aria che tirava in Liguria, c’erano state avvisaglie già ad agosto. «Ma lamentele, malumori, telefonate ne riceviamo da tutta Italia... Non pensavamo si arrivasse a tanto», si spiega. E invece una trentina di esponenti dem liguri, compresi big locali come Pippo Rossetti, consigliere regionale, e Cristina Lodi, record di preferenze alle ultime comunali a Genova, hanno lasciato il Pd per passare ad Azione in esplicito dissenso sulla linea Schlein. C’è «una netta svolta a sinistra, in cui viene sostanzialmente negato il processo del riformismo messo in campo negli ultimi dieci anni» per questo «non ci sentiamo più a casa nostra». Uno smottamento che desta l’allarme innanzitutto tra i riformisti dem. Ad andarsene sono stati principalmente esponenti dell’area. Già c’erano stati gli addii di Andrea Marcucci, Enrico Borghi, Caterina Chinnici. Ed ora ci sono timori di possibili altre fuoriuscite. In particolare a Milano dove Matteo Renzi da candidato alle europee ha messo il turbo per strappare non solo consensi - il leader di Iv ha detto oggi di puntare al 6% con la lista Centro - ma anche nomi al Pd.

 

 

«Il fatto che Calenda e Renzi siano in competizione ha fatto salire il pressing. Renzi ci attacca ogni giorno sul Jobs Act», le riflessioni dopo una mattinata di telefonate tra i dirigenti dell’area riformista, «Elly Schlein non può far finta di nulla». Commenta a caldo Lorenzo Guerini: «Sono molto dispiaciuto dell’uscita di Pippo Rossetti e Cristina Lodi dal Partito Democratico. Rispetto la loro scelta anche se non la condivido. Ma forse è il caso di interrogarci tutti, a partire da chi ha le più alte responsabilità nel partito, di fronte a queste e altre uscite. Al netto delle motivazioni personali, c’è un disagio che sarebbe sbagliato ignorare. Ne va dell’identità e del progetto del Pd, comunità plurale e inclusiva cui tutti teniamo».

 

 

Alessandro Alfieri, membro della segreteria Schlein, si dice «amareggiato» dagli addii in Liguria parlando con l’Adnkronos. «Con molti di loro abbiamo fatto insieme battaglie sin dalla fondazione del Partito democratico. A mio avviso sbagliano. Le battaglie si debbono fare dentro il Pd. Questa è la casa che abbiamo contribuito a costruire. Dopodiché non si può far finta di niente. Si apra una riflessione per far sentire tutti a casa». Stessa linea di Piero Fassino: «Addolora che esponenti di rilievo del Pd ligure abbiano scelto di lasciare il partito. Un atto che non può essere archiviato con un’alzata di spalle, perché ogni abbandono è una perdita per un partito nato per unire i progressisti e per un’Italia giusta, moderna e prospera». E Pina Picierno: «Occorre riflettere con attenzione e cura sul disagio che sta investendo un numero notevole di amministratori locali e settori importanti del nostro elettorato». Se ne potrebbe discutere in un appuntamento, in via di organizzazione in vista della ripresa dopo l’estate, della componente ’Energia popolare’.

 

 

Da parte sua Carlo Calenda incassa il risultato. Non solo per i nuovi innesti ma anche per la valenza politica che assumono: «Le porte sono aperte per liberal-democratici, popolari e riformisti. Noi siamo riformatori, non centristi», chiosa il leader di Azione sui social distinguendo la vocazione del suo partito dall’operazione centrista di Renzi. «La scelta, legittima e consapevole, del Pd di spostarsi su posizioni marcatamente massimaliste, chiude la stagione della vocazione maggioritaria. Azione è il partito che si candida a rappresentare i valori repubblicani riassunti nella prima parte della Costituzione».

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