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Riforma giustizia, si insedia la commissione e le toghe si ribellano subito

Luigi Frasca
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L’iter che porterà alla tanto annunciata riforma penale si appresta ad entrare nel vivo. Si insedierà infatti questa mattina la commissione voluta dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Gli obiettivi di via Arenula sono principalmente due: l’attuazione piena dei principi del processo accusatorio, a 25 anni dal codice Vassalli; e favorire un’efficienza qualitativa della giustizia penale, nel quadro degli impegni del Pnrr. La commissione vede la partecipazione di rappresentanti autorevoli del mondo accademico, dell’avvocatura, della magistratura, oltre che naturalmente ai delegati dell’Ufficio legislativo del ministero e del gabinetto. A guidarla è il capo dell’Ufficio legislativo, Antonio Mura, che dovrà condurre i lavori seguendo un fitto calendario di riunioni. Un anno è il limite temporale entro il quale l’organo dovrà elaborare le proposte da sottoporre al Guardasigilli per recuperare lo spirito originario del codice del professore Giuliano Vassalli, e realizzare a pieno il modello di processo accusatorio anche alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale e sovranazionale. Allo stesso tempo, la commissione lavorerà a possibili semplificazioni del rito per favorire una migliore attuazione del giusto processo.

 

 

Intanto ieri a Montecitorio è stato il giorno dell’audizione in commissione Affari costituzionali del presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, il quale ha ribadito la «netta contrarietà dell’Anm alla proposta di legge sulla separazione delle carriere». «Sotto il profilo degli organi di autogoverno - ha detto Santalucia - non capisco il senso all’interno di un disegno di legge che mira alla separazione delle carriere, dell’aggressione, se così posso dire, virgolettando, all’attuale assetto costituzionale del Csm che in un caso o nell’altro sarà fortemente cambiato, sia per composizione numerica sia che per modalità». Per il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, tra i pericoli più grandi che la proposta di legge porta con sè c’è quello di un maggiore controllo politico del pm: «Un pubblico ministero separato dalla giurisdizione - osserva - sarà probabilmente un soggetto che dovrà essere in qualche modo controllato e l’obbligatorietà dell’azione penale viene scemata perchè discrezionalità e controllo politico del pm camminano storicamente e istituzionalmente insieme». Ma non solo.

 

 

Il monito di Santalucia va anche nella direzione della tutela del «disinteresse» del pm verso l’esito del processo. «Disperdere questo principio di garanzia - dice - credo sia un passaggio che modificherà l’impianto non solo della giurisdizione penale, ma anche dell’intero sistema democratico del Paese. Si sottrae, con questo sistema che oggi abbiamo, l’azione penale alle politiche criminali».

 

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