Altra grana
Superbonus, quanto pesa sull'economia italiana. I dati che inchiodano il M5S
La norma che avrebbe dovuto far ripartire l'edilizia. Rendere più moderni e più green i nostri appartamenti. Una legge scritta male e, se possibile, gestita anche peggio. Il Superbonus, l'iniziativa simbolo (insieme al reddito di cittadinanza) dei Cinque Stelle continua a fare discutere per la voragine creata nei conti pubblici. L'agenzia di stampa Adnkronos ha reso nota l'analisi di Pietro Tommasino, del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia. Un report approfondito, che mette in risalto, in particolare, tre elementi indispensabili per capire fino a che punto la misura stia pesando sull'economia italiana: il numero di imprese edili coinvolte, gli effetti sulla crescita, quelli sui conti pubblici.
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Nel Sondaggio congiunturale sulle imprese il 70 per cento delle imprese operanti nell’edilizia residenziale con almeno 10 addetti aveva dichiarato di aver svolto lavori che hanno usufruito del Superbonus nei primi nove mesi del 2022. Nell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, condotta trimestralmente dalla Banca d’Italia, la quota di imprese attive nell’edilizia con almeno 50 addetti i cui lavori hanno beneficiato, almeno in parte, del Superbonus, si è collocata intorno al 55 per cento alla fine dello scorso anno e al 50 per cento nel primo trimestre del 2023. Percentuali analoghe si riscontrano nelle attese formulate per il complesso dell’anno in corso, con una diminuzione nell’Indagine più recente rispetto a tre mesi prima della percentuale di aziende che segnalano quote superiori a un terzo dei lavori che beneficiano dell’incentivo.
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Le risorse pubbliche utilizzate "producono effetti economici liberando fondi privati che si rendono così disponibili per usi alternativi; si configurano quindi come una sorta di trasferimento alle famiglie da parte del settore pubblico". Le misure adottate "hanno un costo rilevante per i conti pubblici che va valutato considerando il minore impatto di questa tipologia di investimenti sulla produttività e sulla crescita economica nel lungo periodo rispetto a possibili impieghi alternativi". Inoltre, detrazioni con aliquote pari o superiori al 100 per cento "possono accrescere i costi, dato che il contribuente – non partecipando in alcun modo alla spesa o partecipando in modo limitato – non ha interesse a contenerli". Il costo degli interventi "si è rivelato molto superiore alle stime iniziali. Questo conferma gli inconvenienti in termini di trasparenza delle somme effettivamente stanziate e di controllo dei conti connessi con l’utilizzo dei crediti di imposta come strumento di politica di bilancio".