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Governo, Giorgetti ha il "mal di pancia" per i conti da incubo. E avvisa le banche

Pietro De Leo
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Al forum Ambrosetti di Cernobbio ieri è stata la volta del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. Un intervento, il suo, che giunge in un momento dell’anno molto complesso, in cui si mette in moto il cantiere della manovra. In questi giorni,infatti, l’argomento monopolizza sia il confronto pubblico che i posizionamenti delle forze di maggioranza, stante una molteplicità di variabili: la non vastità della «coperta» di risorse da mettere in campo, le prospettive dei vincoli europei, l’eccezionalità di alcuni elementi congiunturali come l’inflazione e la guerra in Ucraina. Oltre a complicate eredità del passato sul piano dell’incidenza di alcune misure sui conti pubblici. Questo è il ventaglio di temi che il titolare del ministero di Via XX Settembre ha affrontato con la platea di Cernobbio. E annuncia: «Faremo una legge di bilancio prudente, che tenga conto delle regole fondamentali della finanza pubblica». Ma poi accende il faro su uno strumento di cui oggi si è tornati a sottolineare l’impatto, il superbonus. «Dei cento miliardi di cui si parla - sottolinea Giorgetti - il governo ha pagato 20 miliardi, ma rimangono da pagare gli altri 80. Quindi, nella cena hanno tutti già mangiato e se ne sono andati e noi siamo chiamati a pagare il conto. Cosa che evade il patto di stabilità e crescita del 2024, 2025 e 2026». Ancora a tal riguardo, affonda: «Ingessa la politica economica, lasciando margini esigui su altri interventi. A pensarci mi viene il mal di pancia». E cita poi un esempio pratico: «Quanti bandi emanati per le opere pubbliche decisive sono andati deserti per la mancanza di imprese disponibili a realizzare le opere e impegnate nel più lucroso e redditizio superbonus?».

 

 

Sul Pnrr poi, Giorgetti ragiona: «Ricordo che per tutta la parte, 150 miliardi, non coperti da Grant e coperti da debito, anch’essi costituiscono spesa pubblica e andranno a gravare sui conti del 2024, 2025, 2026, io auspico del 2027 e 2028». E aggiunge: «In qualche modo intendiamo ragionevolmente rispettare gli obiettivi, ma ci vuole ragionevolezza anche nella loro interpretazione». Questo, inoltre, apre ad un altro aspetto rilevante, il confronto con l’Europa nell’ambito dei grandi obiettivi comunitari. L’Esecutivo di Bruxelles, spiega Giorgetti «ci chiede una politica di un certo tipo per quanto riguarda la transizione energetica, e quindi riteniamo ragionevole chiedere che vengano considerate in modo diverso le spese per gli stipendi pubblici o pensioni rispetto a spese di questo tipo». Il cuore della questione, infatti, è lo scorporo di alcuni impegni finanziari dal calcolo secondo i parametri del patto si stabilità. Un’istanza che il governo italiano rivendica anche per ciò che riguarda l’aiuto fornito all’Ucraina. «Noi li aiutiamo e continuiamo ad aiutarli - assicura il ministro dell’Economia - ma se dobbiamo tagliare le pensioni agli italiani diventa più complicato». Questa «è la posizione italiana, non siamo isolati, pensiamo che sia una cosa ragionevole e quindi sono convinto che il senso della storia verrà compreso». D’altronde, la guerra ha avuto plurime ripercussioni: «Ha causato qualche problema di inflazione qualche diversa condotta della politica monetaria della banca centrale europea e qualche inevitabile recessione del continente europeo».

 

 

Il riferimento è all’iniziativa BCE sul rialzo dei tassi di interesse e conseguenti contraccolpi sulle economie reali. Giorgetti poi spende parole anche sul complesso della politica economica dell’Esecutivo, con le iniziative già raggiunte, quelle in corso d’opera e gli obiettivi fissati. Il governo, fa notare, «è stato coraggioso sul superbonus, sul reddito di cittadinanza e in materia di partecipazioni abbiamo risolto e sciolto la vicenda Alitalia, TLC e della Rete». Riferendosi poi alla dismissione della partecipazione del Ministero del Tesoro nella Monte dei Paschi, dice: «Risolveremo tranquilli, ma senza farci dettare i tempi da nessuno e tantomeno dalla fretta». Questo perchè in proposito c’è una sensibilità diversa all’interno della maggioranza. Così come esiste su un altro argomento: la tassa sugli extraprofitti bancari: «Sicuramente può essere migliorata e c’è stato un difetto di comunicazione», ma «è una tassa giusta, perché lo Stato dà e lo Stato chiede». Infatti, «lo Stato ha dato molto al sistema bancario in questi anni coprendo i rischi che dovevano essere tipici del sistema del credito». Comunque, questa imposta «nella sua versione definitiva sarà qualcosa che tutti quanti potranno apprezzare».

 

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