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Luigi Di Maio, nuova vita araba: altro che guerra alla povertà

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Dario Martini
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 Luigi Di Maio si è calato nella parte del diplomatico europeo. È da giugno scorso che la Ue si può vantare di avere un inviato speciale nel Golfo Persico. Un incarico creato su misura per lui dal suo grande estimatore Josep Borell, alto rappresentante della politica estera dell’Unione. L’ex grillino, che può vantare un lauto stipendio di circa 12mila euro, ha usato il primo mese come rodaggio, presentandosi ai vari ambasciatori arabi a Bruxelles. Poi ha preso l’aereo ed è volato direttamente sul campo. A luglio ha visitato l’Arabia Saudita. Dopo Ferragosto ha fatto scalo in Bahrein. Molte le strette di mano immortalate da una carrellata di foto ricordo pubblicate immancabilmente sul suo profilo social. Una serie di post in cui, dalle sue parole, si evince quale sia la missione che gli è stata affidata: rafforzare i rapporti economici tra Ue e Paesi del Golfo e promuovere il dialogo interreligioso.

 

A Riad ha incontrato Mishaal Mohammad Al-Sulami, vice Speaker del Saudi Shura Council, l’assemblea consultiva saudita. Poi è stato ricevuto da Sua Altezza Reale il Principe Turki al Faisal al Saud, incontro che Di Maio dice essergli stato «d’ispirazione per ascoltare valutazioni sagge e approfondite». Subito dopo ha visto due viceministri, quello degli Esteri Waleed Abdulkarim El Khereiji e quello della Difesa Khaled Al Biyari. Nei giorni scorsi, invece, è stata la volta del Bahrein. Il 21 agosto è stato ricevuto dal ministro della Difesa Abdulla bin Hassan Al Nuaimi. Incontro servito a Di Maio «per discutere delle principali sfide e opportunità per la sicurezza regionale e dei modi in cuila Ue potrebbe contribuire a promuovere soluzioni sostenibili».

 

Di trasformazione digitale, invece, ha parlato col ministro all’Industria Abdulla bin Adel Fakhro. Poi, prima di andarsene, l’incontro con il ministro degli Esteri Abdullatif bin Rashid Al Zayani e la visita alla Grande Moschea e Centro Globale King Hamad perla Coesistenza Pacifica, occasione utile per condannare «i recenti atti di profanazione del Corano commessi da singoli provocatori che non devono influenzare la nostra pacifica convivenza religiosa». Poi ha preso l’aereo ed è tornato a Bruxelles, ma già pronto a ripartire verso il prossimo paese arabo. Di sicuro farà altre foto e stringerà altre mani, nell’attesa di conoscere i risultati di questi viaggi. Nella speranza che non vada a finire come la Via della Seta, che il governo Meloni è pronto a rescindere. Per il momento ha preso solo contatti nell’attesa di portare a casa qualcosa di concreto 

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