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Migranti, la ricetta di Molteni: “Solo fermando le partenze evitiamo le tragedie”

Pietro De Leo
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Una nuova tragedia nel Mediterraneo, un naufragio con 41 dispersi nel tentativo di attraversare il canale di Sicilia, dà il senso di una nuova fase drammatica nel dossier immigrazione. Il Tempo ne parla con Nicola Molteni, deputato della Lega e sottosegretario al ministero dell’Interno.

Onorevole Molteni, a largo di Lampedusa è una successione di naufragi. Nell’ultimo si parla di 41 dispersi. Perché la rotta Mediterranea è di nuovo a questi livelli critici?
«La rotta del Mediterraneo centrale è la più mortale. Oltre 2000 morti e dispersi nel 2023. Solo bloccando le partenze si evitano queste tragedie. Meno partenze vuol dire meno morti e meno sbarchi, meno sfruttamento e meno caporalato, meno invisibili e ghetti sui territori. Esiste solo una immigrazione sostenibile, quella legale dei decreti flussi e dei canali umanitari. Il resto è solo criminalità gestita da trafficanti senza scrupoli che mettono in mare, anche con condizioni meteo avverse, barchini in laminato saldati che dopo poche miglia si ribaltano e affondano. La lotta ai mercanti di morte è la priorità del Governo».

Nel caso dell’ultima tragedia pare che la guardia costiera libica non sia intervenuta e che l’imbarcazione sia partita dalla Tunisia. Eppure l’Italia nelle interlocuzioni coni Paesi del Nord Africa, in particolare con la Tunisia, ha svolto una intensa iniziativa. C’è qualcosa che non sta funzionando?
«Il governo italiano ha dato una nuova rotta alle politiche migratorie dell’Europa. Il governo Meloni ha finalmente riportato l’Italia ad essere protagonista nel Mediterraneo dopo annidi ininfluenza. L’accordo con la Tunisia è un successo importante per l’Italia, così come la Conferenza di Roma del 23 luglio. La Guardia Costiera tunisina ad oggi ha salvato e intercettato oltre 35 mila migranti. 20 mila la Guardia costiera libica. L’Europa ha anni di colpevole immobilismo da recuperare».

 



C’è poi un altro fenomeno che prende corpo, la pirateria ai danni dei barchini dei migranti. Quanto incide questo crimine nelle tragedie del Mediterraneo?
«Il reato di pirateria marittima contestato dalla procura di Agrigento a 4 pescatori tunisini conferma che l’immigrazione illegale attira e crea ulteriore criminalità. Vanno stroncate le reti criminali. Bloccare le partenze, cooperare con i Paesi di origine e transito, operare sulla dimensione esterna delle migrazioni è l’unica soluzione. L’Italia è tornata protagonista nel Mediterraneo».

Nelle scorse ore si è levato un nuovo grido dall’opposizione: serve una nuova Mare Nostrum. È così?
«Con Mare Nostrum del 2013 e le missioni europee volute dalla sinistra abbiamo avuto il record di sbarchi in italia e in Europa, di morti e dispersi nel Mediterraneo. Quelle missioni erano un pull factor, non servono riedizioni già fallimentari. Con i decreti Salvini del 2018/2019 abbiamo invece azzerato i flussi illegali, difeso i confini e ridotto le morti nel Mediterraneo centrale».

 



Quanto possiamo ricollegare le crisi politiche in Africa, l’ultima in Niger e prima ancora in Sudan, a questa impennata delle partenze?
«Le crisi del Mediterraneo e del Sahel generano evidentemente una instabilità geopolitica che alimentano nuovi flussi. La Tunisia è paese di partenza delle migrazioni ma anche di transito. Il memorandum sottoscritto con la Ue è una base di partenza per evitare la crisi economica, finanziaria e sociale della Tunisia. Ora serve l’intervento del Fondo Monetario. Quell’accordo è un modello da esportare». L

’Italia sembra chiusa in una morsa. Gli arrivi via Mediterraneo a Sud, e la gestione del confine da parte della Francia a Nord. Il nostro Paese è di nuovo abbandonato dall’Europa?
«Al confine di Ventimiglia, la Francia ha una media di 100 respingimenti al giorno. Uomini donne minori e vulnerabili. La Francia ha sospeso Schengen nel 2015. Diciamo che la solidarietà europea si dimostra in altro modo. Alla responsabilità italiana si contrappone una inesistente solidarietà comunitaria».

Qualche mese fa è stato dato un primo ok ad un patto dal Consiglio europeo degli affari interni che contiene elementi importanti, ma deve ancora attraversare tutto l’iter. A livello comunitario cosa si potrebbe fare nel frattempo?
«Il Patto europeo per l’asilo e le migrazioni contiene regole nuove sui rimpatri. Si può rimpatriare anche nel paese di transito. È una vittoria italiana. In quella occasione grazie al Ministro Piantedosi abbiamo evitato che l’Italia diventasse il campo profughi d’Europa. Abbiamo respinto la logica della monetizzazione dei mancati ricollocamenti. Ora bisogna rafforzare gli accordi bilateri con i Paesi di partenza e transito e le istituzioni comunitarie devono mettere risorse, come hanno fatto con la Turchia su richiesta tedesca».

 

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