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Schlein vuole il dialogo sul salario minimo per non farsi oscurare da Calenda

Gaetano Mineo
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In vista del voto sull’emendamento soppressivo in programma martedì prossimo in commissione Lavoro di Montecitorio, sul salario minimo si registrano segnali di tregua tra maggioranza e opposizione. A porgere per primo la mano, Carlo Calenda, chiedendo a Meloni di «ricevere le opposizioni, di farsi illustrare la proposta di salario minimo e di controproporre la loro proposta che in questo momento noi non conosciamo». Un appello che sembrerebbe essere stato accolto dalla premier. Un’apertura, quella di Giorgia Meloni, che non sarebbe comunque un consenso alla proposta dell’opposizione ma un sì, che finora non si era manifestato, al confronto. Quanto basta per far gongolare il leader di Azione. «Sono felice che ci sia un’apertura da parte del Governo a discutere di salario minimo – afferma Calenda -. Sospendiamo le polemiche e proviamo a fare insieme qualcosa di utile per l’Italia». 

 

 

Dichiarazione che ha fatto drizzare le orecchie a Elly Schlein. Infatti, preoccupata della volata di Calenda, rischiando quindi, di assumere il ruolo da comparsa nella partita del salario minimo, poco dopo la dichiarazione del leader di Azione, arriva quella della segretaria del Pd. «Siamo felici di leggere di un’apertura dalla presidente del Consiglio al nostro appello sulla proposta sul salario minimo - dichiara Schlein -. La maggioranza ritiri l’emendamento soppressivo e discutiamo, sono disponibile di incontrare la premier anche domattina». «Leggo che Schlein propone un tavolo sul salario minimo sulla base del miglioramento della contrattazione – replica il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto, di Fratelli d’Italia -. È esattamente quanto avevo chiesto io in commissione Lavoro alle opposizioni, suggerendo di portare il provvedimento a settembre per ottenere una più ampia discussione e dare le risposte migliori». Un rinvio, che lo stesso esponente del partito della Meloni motiva così: «Anche perché la loro proposta, che resta, come ho già avuto modo di dire, senza coperture, comunque, prenderebbe vita non prima di novembre 2024. Il tempo, quindi, c’era – rimarca Rizzetto -. Avevo suggerito questa soluzione perché da sei proposte si è arrivati a una che, inevitabilmente, ha alcuni caratteri diversi dalle precedenti: quindi serviva quantomeno un ulteriore breve ciclo di audizioni. La risposta è stata una porta chiusa in faccia. Evidentemente Schein ha cambiato idea. Bene. Io resto della stessa idea che avevo». Come dire, o rinviamo a settembre o martedì in commissione Lavoro di Montecitorio potrebbe essere votato l’emendamento soppressivo della maggioranza che cancellerebbe la proposta dell’opposizione. 

 

 

Tra l’altro, il capo del Nazareno sente anche puzza di bruciato. L’altra sua preoccupazione è che la partita possa essere giocata dal centrodestra assieme solo a Calenda e Matteo Renzi. I numeri, d’altronde, sono dalla loro parte. Sibillina, appare in merito la dichiarazione del leader di Azione. «Io ho detto a Meloni: noi abbiamo affermato che voteremo l’abuso d’ufficio, abbiamo votato la delega fiscale che era uguale a quella di Draghi, abbiamo sempre fatto critiche nel merito e non siamo mai stati pregiudiziali...». Da qui, l’appello alla premier per sedersi attorno a un tavolo.

 

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