Il Pd “processa” Schlein e si aggrappa a Prodi: critiche da tutti i fronti
Si chiude la due giorni di Cesena in cui Bonaccini ha riunito i suoi per dare vita alla «non» corrente, che lui preferisce chiamare «area politico-culturale», creata per «superare il correntismo esasperato che aveva paralizzato il partito». Insomma uno spazio per chi di spazio nel Pd targato Schlein ne ha trovato poco. L’estremo tentativo di Bonaccini di tenere a bada chi vorrebbe già mettere alla porta la segretaria dopo 5 mesi. Ma anche per lanciare un messaggio del tipo: «Cara Elly io non ti voglio insidiare, non ti farò la guerra ma se alle europee non raggiungiamo il 20% non potrò continuare a raffreddare gli animi di chi ti vuole far fuori». Ma chi ha parlato e cosa si è detto sul palco della kermesse? Partiamo dalle alleanze. Il tema rimangono i rapporti con il Movimento 5 Stelle e quello con Calenda e Renzi. I riformisti continuano a osteggiare la possibilità di un accordo con il partito di Conte, strada che invece Schlein vorrebbe intraprendere. «C’è un sentire comune» ha detto Bonaccini parlando dei rapporto con il Terzo Polo e i grillini «che può unirci in una battaglia che non prefigura domani mattina alleanze politiche nel Paese». Sull’argomento è intervenuto anche Prodi: «Non sono certo contrario alle alleanze ma devono fondarsi su un’idea condivisa dell’Italia e del suo futuro». Mentre, al contrario, in questi anni «sono prevalse le esigenze delle alleanze temporanee anche per equilibri di potere».
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Altro punto: la perdita di elettori. Non è un segreto che i dem da anni stanno perdendo per strada tanti elettori rimasti spiazzati dai continui cambi di direzione. «In 15 anni - ha ricordato Prodi - il Pd ha perso metà dei suoi elettori e questo deve obbligarci a ripensare al rapporto con il Paese e a una casa che possa ospitare gli italiani». Più caustico il sindaco di Prato, ex renziano di ferro ora riciclato fra i bonacciniani, che ha liquidato l’argomento con una battuta: «Cara segretaria è vero, forse non ti abbiamo vista arrivare...adesso però aspettiamo di vedere gli elettori». Altro tema: lo spazio e la libertà per avviare un dibattito interno del partito. «Noi vogliamo un partito più grande e più forte e deve essere per forza plurale e aperto» ha detto Bonaccini. Dello stesso avviso anche Cuperlo, appena silurato dalla guida della Fondazione Pd, che ha ricordato come «il pluralismo non è mai un peso ma è un sentiero per unire il consenso». Unità. Un’altra delle parole che è stata pronunciata spesso nella due giorni di Cesena. «Il Pd - ha sottolineato Prodi - ha ancora la possibilità di essere perno della trasformazione ma è un obiettivo che può essere raggiunto solo con spirito unitario, troppe volte mancato».
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Stesso concetto espresso anche da Graziano Delrio in versione scalatore. «Non si taglia la corda del capocordata, è lui che apre le vie, ma da sotto se vedi che sta prendendo la via sbagliata devi avere la libertà di dirlo». Il senatore dem qualche giorno fa aveva anche criticato la posizione del partito sulla maternità surrogata definendola «una pratica in cui non c’è nulla di umanità e non c’è rispetto dei diritti del figlio» Schlein nel frattempo cerca di non scomporsi e risponde a tono. «Il nostro è un partito plurale» un pluralismo che va preservato «naturalmente nel rispetto dell’esito che abbiamo avuto qualche mese fa al congresso e che ci ha dato l’indicazione della linea da seguire». A chi le chiede spazi di confronto ha replicato: «Non ci sono altri partiti che hanno questo tipo di dibattito interno, questo tipo di discussione plurale e che possono vantare amministratori e amministratrici locali che sono il nostro orgoglio». Già peccato però che a Cesena sia gli amministratori locali che la minoranza del partito si sono ritrovate proprio per trovare quello spazio che nel partito non hanno trovato.
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