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Saviano insulta Salvini, la replica: “Altra querela”. È bufera sulla Rai

Gaetano Mineo
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Roberto Saviano torna ad attaccare Matteo Salvini. E così, il ministro delle Infrastrutture torna a querelare lo scrittore. Quanto basta per far insorgere la maggioranza che vuole l’autore di Gomorra fuori dalla Rai, perché convinta che Viale Mazzini userà lo stesso metro per come ha chiuso le porte al giornalista Filippo Facci. Ma andiamo con ordine. A dare fuoco alle polveri, lo sceneggiatore napoletano che giovedì scorso, attraverso un tweet, reitera oramai la sua personale definizione di Salvini: “Ministro della malavita”. In particolare, Saviano è entrato nel dibattito sulla candidatura di Carola Rackete alle prossime elezioni europee, criticando il messaggio di Salvini. “Che faccia tosta! Ma quando passerà al Ministro della Mala Vita il vizio di mentire?”, scrive il "paladino della giustizia", ripostando il messaggio del leader della Lega che aveva scritto: «Dallo speronare motovedette italiane della Guardia di Finanza alla candidatura con la sinistra è un attimo. Auguri, viva la democrazia». Apriti cielo.

 

 

«Saviano insulta, infanga un ministro della Repubblica italiana - dichiara la deputata della Lega, Elena Maccanti, componente della commissione Vigilanza Rai - Dopo che la Rai ha deciso di tagliare il programma di Facci, credo sia opportuno chiedersi se Saviano sia compatibile con un'emittente pubblica». In campo, anche i membri di FI della Commissione di Vigilanza Rai (Gasparri, Rosso, dalla Chiesa e Orsini), presentando una interrogazione con la quale si chiede «come i vertici della Rai valutino le offese di Saviano ad esponenti politici». Pure Fratelli d’Italia è contro Saviano, il cui programma 'Insider', ricordiamo, è stato confermato dalla Rai. «Le parole di Saviano contro il Governo vanno ben oltre la critica – sbotta Augusta Montaruli (FdI), vicepresidente della Vigilanza Rai - Si tratta di insulti con parole inaccettabili nel merito e nei toni gravissime incompatibili con il servizio pubblico». Rincara la dose, un altro esponente del partito della Meloni. «Ha definito Salvini ministro della malavita e ora sta per condurre un programma in Rai – puntella il senatore Raffaele Speranzon -. Le parole indecenti di Saviano lo rendono del tutto incompatibile a poter condurre una trasmissione sulla tv di Stato». Lo scrittore non è nuovo a questo tipo di comunicazione, per usare un eufemismo. Infatti, Saviano è già stato querelato da Salvini con l'accusa di diffamazione nel 2018 e per cui c’è il processo in corso, per aver bollato l’allora vicepremier del Conte 1, sempre ministro «della Mala vita». In tribunale, finora Saviano non ha rivolto le sue scuse (cosa che invece ha fatto Facci per la sua vicenda). Anzi, sono state le sue parole, «sono fiero di essere imputato».

 

 

L’autore di Gomorra è sotto processo, fra l’altro, per un’altra storia del 2020, quando lo scrittore, nel corso di una trasmissione televisiva, affrontava il tema dei migranti, definendo la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «bastarda». Non è finita, perché nel giro di 24 ore, quindi ieri, Saviano è tornato ad attaccare su Twitter Salvini: «Gabriele Bottone risponde a Matteo Salvini che, nei giorni scorsi, aveva strumentalizzato la vicenda di Feliciana Chimenti, moglie di Gabriele, che ha lasciato marito e figli a causa di un tumore. Salvini ha diffuso sui social notizie false per ottenere qualche like. Lo sciacallaggio sui social è un fenomeno radicato con cui fare i conti, genera o acuisce sofferenze. Quando lo sciacallo è un ministro, tutto diventa ancora più intollerabile...». Il riferimento è alle parole di Bottone, che ha attaccato Salvini per l’omaggio alla moglie scomparsa. Solo per la cronaca, finora non c’è traccia di dichiarazione della sinistra. Come dire, chi tace acconsente. Un fatto è certo, urge ristabilire il confine tra insulto e critica. Perché un ministro si può criticare ma non si può insultare in quanto non rappresenta solo se stesso ma soprattutto le istituzioni. Quindi, per chi è titolato a far ciò, a partire dai media stessi, è arrivato il momento di agire se si è convinti di voler vivere in un paese civile.

 

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