Santanchè-Delmastro, si riaccende lo scontro tra politica e magistratura
L’iscrizione nel registro degli indagati della ministra Daniela Santanchè appresa dai giornali, l’imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in merito al caso Cospito: due tegole giudiziarie si abbattono sul governo e si intravede sempre più distintamente una nuova stagione di scontro tra politica e magistratura. Il ragionamento che filtra direttamente da Palazzo Chigi lascia poco spazio ai dubbi: "E'lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee». La replica delle opposizioni non si fa attendere: «È inaccettabile che Palazzo Chigi alimenti un pericoloso scontro tra poteri dello Stato diffondendo una nota con toni intimidatori nei confronti della magistratura», protesta la segretaria del Pd Elly Schlein, che chiama in causa la premier: «Giorgia Meloni esca dal suo silenzio e si assuma le sue responsabilità».
Dall’Anm, invece, nessuna reazione. Anche se l’uscita di palazzo Chigi è forte, si preferisce non rispondere a una dichiarazione anonima. E anche dal Quirinale, mentre Sergio Mattarella è in visita istituzionale in Cile, non arriva nessuna commento. Il presidente della Repubblica non commenta le dichiarazioni ufficiali, figuriamoci le fonti, è la linea. All’opposizione c’è chi pensa a un fallo di reazione: sullo sfondo c’è il disegno di legge di riforma della giustizia, con la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni e le nuove regole per l’avviso di garanzia, approvate dal Consiglio dei ministri tre settimane fa e non ancora arrivate in Parlamento. Il dubbio è che si possa prefigurare una ulteriore stretta. L’accelerazione sulla separazione delle carriere, ad esempio, che il Guardasigilli Carlo Nordio ha dichiarato più volte di avere in agenda.
Sul piano strettamente politico, l’ipotesi di dimissioni di Delmastro non viene «assolutamente» contemplata, «se il pm si era espresso per l’archiviazione - rispondono fonti di governo interpellate al riguardo - siamo sicuri che convincerà anche il giudice nell’udienza preliminare». La riflessione è diversa nel caso della ministra del Turismo. Nei corridoi di Montecitorio si sottolinea che ai piani alti del governo ci sono dei dubbi, ma un premier, è il ragionamento, non può forzare un passo indietro, tanto più «finché» non c’è un avviso di garanzia. «Al momento» non c’è nessuna decisione presa, tanto che sono confermati tutti gli impegni in agenda. Santanchè ha partecipato a un incontro con i sindaci alla Nuvola a Roma. All’arrivo ha dribblato i giornalisti che l’aspettavano. Salvo poi rispondere a denti stretti, incalzata dalle domande, che «l’ho fatto e lo ribadisco, non ho ricevuto alcun avviso di garanzia», aggiungendo poi: «spero che arrivi». Dopo l’informativa in Senato Santanchè, tramite un comunicato del suo ufficio stampa, aveva puntualizzato di aver appreso dai media di essere iscritta nel registro degli indagati. L’iscrizione, però, si è saputo che non è più secretata da alcuni mesi, lo era invece quando il legale della ministra aveva presentato richiesta di conoscere la posizione della sua assistita. Precisazioni che non evitano il fuoco di fila.
Per il leader di Azione Carlo Calenda, «deve fare un passo indietro per la gravità delle condotte che non ha saputo spiegare, non perché è sotto indagine». «Se non si dimette lei deve pensarci Meloni», incalza il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Il M5S chiede che il caso sia portato anche alla Camera. Occorrerà capire se il calendario lo consentirà. È il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, a opporre la non praticabilità: «è troppo comodo chiederlo adesso mentre non lo ha chiesto nella riunione dei capigruppo che ha fatto il calendario per tutto il mese di luglio». Dal Pd chiedono invece «un chiarimento politico e istituzionale» della premier e del Guardasigilli Nordio sul caso Delmastro: «Un affare che si può configurare come un gravissimo e illecito utilizzo delle prerogative istituzionali per colpire un avversario politico, un grave precedente».