retroscena
Silvio Berlusconi morto, tutte le gaffe e le frasi cult del Cavaliere
Dalla "special relationship" con Vladimir Putin al "giro in piazzetta" a Porto Rotondo in Sardegna insieme a Tony Blair e signora, con tanto di bandana. Dal feeling con Muhammar Gheddafi, alla freddezza con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, massimi interpreti del gelo europeo che alla fine del 2011 spinse il Berlusconi quater alle dimissioni per cedere il posto all’esecutivo tecnico di Mario Monti. Fino all’ultima "ossessione", la Cina, considerata un «pericolo per il mondo intero», «che dovrebbe far paura a tutti», perché «da anni sta portando avanti un progetto commerciale ma anche politico e militare, di carattere egemonico». In oltre vent’anni di attività politica Silvio Berlusconi nel bene e nel male, è stato in primo piano non solo in Italia ma anche all’estero. La diplomazia del Cav è stata ribattezzata di volta in volta la "diplomazia della pacca sulla spalla" (per i toni friendly usati con i suoi interlocutori), e quella del cucù, prendendo spunto dal siparietto con la cancelliera tedesca in un bilaterale tenutosi nel 2008 a Trieste. Gli avversari politici e la stampa ricordano soprattutto le gaffe dell’uomo di Arcore (dalle "corna" al vertice Ue di Caceres al kapò nei confronti di Schultz, dall’Obama «abbronzato» alla «bella mamma» di Macron), mentre gli estimatori preferiscono attribuire al presidente di FI il merito di aver risolto varie crisi internazionali, grazie al ruolo di mediatore e all’amicizia di Capi di Stato e di governo, come l’attuale presidente russo. Fu Blair a definire «Silvio unico, perché non ha assolutamente nulla del politico convenzionale». Di certo, è l’unico leader politico ad aver presieduto per una volta il G7 e due volte G8: a Napoli nel ’94, quando Forza Italia approda per la prima volta in Parlamento, a Genova nel 2001 e poi a L’Aquila nel 2009.
Tutti conoscono il feeling che legava Berlusconi all'"amico Vladimir" da tanti anni. Un legame dall’aneddotica ricchissima e scandito da numerosi incontri, sia ufficiali che privati. A Sochi per i compleanni del leader del Cremlino, nel settembre del 2015 in Crimea hanno visitato il memoriale dedicato ai militari del regno di Sardegna caduti nella guerra di Crimea fra il 1853 e il 1856 di fronte al monte Gasfort, vicino a Sebastopoli. Immediata fu la condanna del governo di Kiev per la "passerella! e l’imbarazzo della Ue. In Italia si ricordando gli incontri di Roma, a palazzo Grazioli e in Sardegna a Villa la Certosa. Il rapporto di amicizia parte da lontano. Nacque, raccontò il Cav, durante il G8 di Genova nel luglio del 2001, quando Berlusconi si adoperò per far sì che i Grandi del mondo (dall’americano Bush, al britannico Blair) mettessero da parte le diffidenze nei confronti del presidente russo con un passato da agente segreto del Kgb. Il summit europeo nel capoluogo ligure fu l’occasione per parlare di Blue Stream, il progetto di gasdotto sottomarino di Eni e Gazprom, e gettare le basi di un rafforzamento dei legami economici bilaterali. A fine ottobre del 2001 il presidente del Consiglio italiano, infatti, era già a Mosca per un faccia a faccia. Da allora il legame si è andato consolidando. Nell’aprile 2002 il leader azzurro torna in Russia, nella residenza di Putin a Sochi, e il mese successivo, a Pratica di Mare, lanciarono il Consiglio Russia-Nato. Il faccia a faccia più mediatico è stato sicuramente quello dell’ottobre 2014 a Milano, nella palazzina di via Rovani, che fu la prima roccaforte di Berlusconi ai tempi in cui Fi era solo un sogno nel cassetto. Per lo "Zar", il presidente azzurro, costretto ai servizi sociali per la condanna Mediaset, ottenne dal Tribunale di Sorveglianza lombardo un permesso per poter passare una serata lontano da Arcore, dimora obbligata, dal giovedì al lunedì. I due leader rimasero insieme fino alle tre di notte, tra ricordi e festeggiamenti, davanti a un piatto di tagliolini e uova con tartufo bianco.
Putin ha sempre ricambiato la fiducia e lealtà, anche con una serie di doni, a cominciare dal letto, come rivelò l’attore George Clooney, ospite di Berlusconi nel 2011 per parlare del Darfur («Mi ha mostrato la sua stanza da letto, con il letto che gli ha regalato Putin», disse la star di Hollywood a Rick Stengel nelle ’10 domande del Timè). In quasi 15 anni i due leader si sono visti varie volte a Villa La Certosa in Sardegna e nella Dacia russa sulle rive del Mar Nero, a parlare di affari e politica. E non sono mai mancate telefonate, messaggi, regali, pubblici attestati di stima reciproca. La foto più famosa è quella coi colbacchi di pelliccia nella foresta di Zavidovo a 21 gradi sotto zero, nel febbraio 2003. Tutti ricordano poi quando, durante una conferenza stampa congiunta nella villa di Porto Rotondo nell’aprile 2008, una giornalista chiese al capo del Cremlino notizie sulla sua vita privata e
Berlusconi mimò una sventagliata di mitra contro la cronista che aveva osato tanto. Il feeling ha coinvolto anche le famiglie: le figlie di Putin sono state spesso ospiti a Villa La Certosa in Costa Smeralda. Il presidente della Federazione russa fu tra i pochi a esprimere subito la sua solidarietà all’amico Silvio dopo la sentenza di condanna definitiva per il caso Mediaset. E ancora: quando Putin festeggiò i 61 anni con un ristretto numero di amici, Berlusconi c’era. Nemmeno la crisi tra Kiev e Mosca ha scalfito i loro rapporti. Il leader di Fi è stato fra i pochi a denunciare più volte «l’errrore» di comminare sanzioni alla Russia dopo l’annessione della Crimea. E dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, Berlusconi spesso è tornato a sottolineare gli errori di Kiev, suscitando polemiche e mettendo in imbarazzo anche il Governo di Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Anzi, proprio durante le trattative per la nascita dell’Esecutivo, filtrarono degli audio registrati durante la riunione del Gruppo parlamentare azzurro, nel quale il Cav sottolineava di aver riallacciato i rapporti con il Presidente russo, con il quale si erano scambiati lettere affettuose e bottiglie di vodka e lambrusco. Ma proprio questa solida amicizia ha agevolato il successo della mediazione italiana durante la crisi tra Russia e Georgia scoppiata nel 2008 proprio mentre la Francia di Sarkozy aveva la presidenza di turno dell’Unione europea. Terminate le tensioni, Sarkozy ringraziò Berlusconi per l’opera di moral suasion: «Silvio, è una fortuna che tu sia in politica». Poi, però, il rapporto con il leader francese iniziò a rovinarsi.
Sarkozy, infatti, è stato uno degli amici a metà del Cav. A fine mandato, quando sta per lasciare l’Eliseo, il presidente francese decide di tagliare i ponti con l’ex presidente del Consiglio italiano. I sorrisini d’intesa tra Sarkozy e la Merkel in una conferenza stampa a Bruxelles nell’ottobre del 2011 e il loro imbarazzo nel rispondere a una domanda sull’affidabilità del governo Berlusconi segnarono il punto più basso delle relazioni tra l’Italia e l’asse franco-tedesco. C’è sempre stata freddezza, invece, tra il Cav e la Merkel. Silvio e Angela, infatti, non si sono ’mai presì. Due gli episodi chiave che fecero calare il gelo tra i due: il gioco del nascondino e la telefonata ad Erdogan. Nel novembre del 2008 al vertice italo-tedesco di Trieste, nell’accogliere Merkel in piazza dell’Unità d’Italia, l’allora presidente del Consiglio italiano si nasconde dietro il pennone portabandiera e all’arrivo della Cancelliera sbuca fuori esclamando: «Sono qui». Merkel allarga le braccia e al cucù risponde con un laconico «Silvio!». Nell’aprile del 2009 il Cav arriva al vertice di Baden Baden ma invece di dirigersi verso la ’Cancellierà che gli viene incontro per salutarlo, si apparta sulla riva del fiume a «telefonare al premier turco Erdogan», come preciserà il leader azzurro per smentire la gaffe. La Merkel riceve nel frattempo gli altri leader senza stringere la mano al leader italiano. Tutti i fotografi immortalano l’espressione tra l’imbarazzato e l’indispettito del capo del governo tedesco. La tensione tra Italia e Germania è arrivata a sfiorare persino l’incidente diplomatico nel settembre 2011 a causa di una presunta frase offensiva del presidente di Fi con allusione sessuale (’cul..à) contenuta in una intercettazione relativa all’inchiesta di Bari sul caso Tarantini. Il chiarimento tra i due sarebbe arrivato solo nell’ottobre del 2015, con una stretta di mano al vertice del Ppe a Madrid. «Il caso è chiuso», avrebbe assicurato la cancelliera.
Peccato che nel febbraio 2019, in occasione di una riunione dei Gruppi di Fi al Senato, Berlusconi torni sull’episodio, negando di aver mai usato quell’appellativo, sostenendo di aver scoperto chi mise in giro quella che secondo lui era solo una diceria. Senza far nomi l’ex premier fornisce però un identikit del sospettato: «un direttore di un foglio italiano, che se ne vanta anche con gli amici…». Una descrizione, che a tanti azzurri fa venire in mente Marco Travaglio, direttore del ’Fattò. Polemiche a parte, dopo lo scontro è iniziato il ’disgelò con la Merkel, grazie alla mediazione di Antonio Tajani, diventato numero due di Fi, da sempre convinto sostenitore della causa tedesca in chiave filo europeista contro il blocco sovranista. Forse la gaffe più clamorosa, che in poche ore fece il giro del mondo, invadendo le home page dei siti web, è stata quella sull’allora neo presidente Usa, Barack Obama nel 2009. «Obama? Giovane, bello e abbronzato», esordisce Berlusconi con un sorriso al termine di un incontro a Mosca con l’allora presidente russo Medvedev, ’oscurandò con questa battuta perfino il celebre Kapò rivolto a Strasburgo all’eurodeputato tedesco Martin Schulz nel luglio del 2003. Stavolta è il colore della pelle a scatenare la tentazione irresistibile del Cav, poi definita qualche ora dopo ai cronisti che lo assediavano «un grande complimento, una carineria assoluta nei suoi confronti». Un «complimento» ribadito anche il 27 settembre dello stesso anno, tornando dal suo primo incontro con Obama, in occasione di un intervento alla festa nazionale della Libertà di Milano: «Vi porto i saluti di uno che si chiama… uno abbronzato… Ah, Barack Obama». E ancora: «voi non ci crederete, ma sono andati a prendere il sole in spiaggia in due, perché è abbronzata anche la moglie».
Nel settembre 2009 Berlusconi si ripete: a Washington viene accolto dai coniugi Obama e crea imbarazzo con un gesto di apprezzamento nei confronti della first lady americana, Michelle, squadrandola dalla testa ai piedi. Altro siparietto a Londra, nell’aprile dello stesso anno, durante il G20, Berlusconi richiama l’attenzione del presidente Usa urlando "Mister Obama!" e la Regina Elisabetta si indispettisce e chiede: «What is it? Why does he have to shout?», (tradotto, "Ma cosa ha da urlare così tanto?"). Nella foto ufficiale fa le corna al ministro degli Esteri spagnolo Josep Piqué. È solo l’inizio di uno show: davanti ai cronisti si leva una scarpa e la fa loro esaminare per dimostrare che «non è vero, come dicono, che porto i tacchi». Poi, nella sala stampa dove Romano Prodi, Javier Solana e, ancora, Piqué stanno tenendo il briefing di giornata, compare all’improvviso e, ridendo, guarda l’orologio facendo capire che il tempo stringe ed è l’ora di andar via. Il Cav ripeterà il gesto delle corna in più occasioni, spesso come scongiuro, come nella campagna elettorale del 2000 e alle regionali di Abruzzo nel 2003. Ed è proprio nel 2003, a luglio, che Berlusconi torna alla ribalta con il caso Schulz. «So che in Italia stanno girando un film sui lager nazisti, la proporrò per il ruolo di kapo», tuona il presidente azzurro nell’aula del Parlamento europeo a Strasburgo replicando all’allora vicepresidente del gruppo del Partito socialista europeo Schulz, che aveva criticato aspramente il conflitto di interessi italiano e gli attacchi ai magistrati. In Aula cala il gelo e molti ricordano la faccia tra lo sconcertato e il rassegnato di Gianfranco Fini, seduto accanto all’allora alleato di governo. Il 26 aprile 2014 il leader di Forza Italia torna sul suo scontro con l’europarlamentare tedesco, a margine della presentazione dei candidati alle europee, e solleva un altro polverone di polemiche: «Per i tedeschi i campi di concentramento non sono mai esistiti...». L’ultima gaffe in ordine di tempo è quella del maggio 2017, durante un comizio a Monza. Nel mirino la moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte: «Macron? È un bel ragazzo, che ha una bella mamma che se lo porta sottobraccio...».
Berlusconi è sempre stato in prima fila anche per favorire il processo di pace in Medio Oriente. Forte dell’amicizia con il presidente Shimon Peres e il primo ministro Benjamin Netanyahu, dal gennaio del 2009, appena finisce l’offensiva israeliana a Gaza, il governo italiano sostiene con forza un’iniziativa per porre fine al conflitto in tutta la regione. Se da una parte il Cav ha ottimi rapporti con lo Stato ebraico, è anche vero che tra i suoi migliori amici ci sono sempre stati due leader arabi, il presidente egiziano Hosni Mubarak e il colonnello Muammar Gheddafi. Due figure chiave per garantire i delicati equilibri mediorientali prima che cominciassero a soffiare i venti della Primavera araba. Corre il 30 agosto del 2008. Durante uno storico incontro sotto la tenda beduina del leader libico, Berlusconi firma con Gheddafi l’accordo che mette definitivamente la parola fine alla questione coloniale e apre la strada alle imprese italiane nel paese nordafricano. Il presidente di Fi si impegna a offrire alla Libia cinque miliardi di euro di risarcimento per costruire infrastrutture con la partecipazione di aziende italiane. Qualcuno assicura che in venti anni la diplomazia del Cav abbia portato nelle casse delle nostre imprese commesse per un valore complessivo di circa 30 miliardi di euro. Tra gli amici più stretti di Berlusconi anche l’ex premier spagnolo, Jose Maria Aznar, e l’attuale premier turco Recep Tayyip Erdogan. Proprio con Erdogan, il Cav riesce a mediare nel 2009 per far togliere il veto della Turchia alla nomina dell’ex premier della Danimarca, Anders Fogh Rasmussen, alla guida della Nato.