Contro il centrodestra
Gay Pride, solo slogan anti-governo: aveva ragione Rocca
Gli organizzatori parlano di un milione di persone. La questura, più realisticamente, di 45mila partecipanti. Numeri a parte, il Roma Pride si è rivelato proprio ciò che temeva l’amministrazione regionale guidata da Francesco Rocca: una manifestazione politica contro il governo. La parola «resistenza» era la più gettonata, nel mirino la destra definita «omofoba» e «cialtrona», come ha detto testualmente Mario Colamarino, portavoce dell’evento, che ha sfilato al fianco del sindaco Roberto Gualtieri. Molti anche i cartelli contro Giorgia Meloni. Quando il corteo è passato di fronte all’associazione Pro Vita e Famiglia sono scattati i cori all’insegna dei «vaffa». In via Labicana è apparso anche lo striscione «Regione omofoba». L’astio nei confronti della giunta del Lazio nasce dal fatto che nei giorni scorsi il presidente Rocca ha deciso di ritirare il patrocinio della Regione alla manifestazione. Una scelta «dolorosa», ha spiegato il governatore, che ha ritenuto inaccettabile sostenere un corteo dichiaratamente anti-governativo e in favore della maternità surrogata. Ciò che è andato in scena ha confermato che le sue paure erano fondate. D’altronde, le frasi pronunciate in piazza dal portavoce del Roma Pride sono inequivocabili: «Da oggi parte la resistenza della nostra comunità a questa destra, a questo governo e alla Meloni». Poco lontano, una manifestante esibiva il cartello «Tranquilla mamma sono bisex, non fascista», con la scritta FdI sbarrata da una X.
Occorre ricordare che la polemica con la Regione Lazio è nata quando Rocca ha fatto notare che la sua giunta non avrebbe potuto sostenere chi promuove apertamente la maternità surrogata, pratica vietata in Italia. Tra l’altro, proprio in questi giorni la Camera dei deputati, in sede di commissione Giustizia, sta esaminando una proposta di legge che dichiara la «gestazione per altri» reato universale, cioè perseguibile anche se commessa all’estero. Gli organizzatori hanno replicato a Rocca sostenendo che stava cercando scuse per non appoggiare il Pride. Eppure, i messaggi lanciati ieri in piazza lasciano poco spazio alle interpretazioni. «Utero in affitto, Dio si giustifica: "Ai miei tempi non era reato universale"», si poteva leggere su un grande cartello al centro del corteo. Qualcuno ha anche scelto di vestirsi da donna, ha indossato il velo, e ha simulato una gravidanza. Nel mirino dei manifestanti anche l’associazione Pro Vita, rea di opporsi apertamente alla maternità surrogata. «Pro Vita & Famiglia, ho un rigurgito», recitavano i cartelli di alcune manifestanti.
L’apice si è raggiunto quando Colamarino è salito sul camion in testa al corteo sfogando tutta la sua rabbia: «Sono senza voce perché ho urlato davanti alla sede di quei bastardi dei Pro Vita. Siamo un milione di persone e anche senza questo c...o di patrocinio della Regione Lazio siamo tutti qua. In questi giorni ci hanno insultato, hanno tentato di hackerare il sito del Roma Pride, ma non sono riusciti a fermarci. Tutto questo ci ha rafforzato, unito e ha mostrato il vero volto della destra anche qui nel Lazio: omofoba, xenofoba e stronza». Poi un passaggio contro Rocca. Il governatore del Lazio aveva chiesto delle scuse al movimento del Pride perché nel «manifesto» dell’evento era presente il sostegno alla maternità surrogata: «Le scuse sapete dove potete infilarle... - ha proseguito Colamarino -. La destra in questa Regione è in mano ai Pro Vita. Loro ordinano e la politica esegue. È Rocca semmai che ci deve chiedere scusa» Insomma, difficile credere che queste parole provengano da chi è aperto al dialogo. Per la capogruppo al Senato di Forza Italia, Licia Ronzulli, «a sentire gli slogan e le dichiarazioni arrivate dal Gay Pride emerge chiaramente come i veri intolleranti siano quanti in piazza hanno attaccato il governo e la maggioranza solo per il fatto di pensarla in modo diverso non sul rispetto che debba essere sempre garantito alla comunità Lgbtq, su cui siamo tutti d’accordo, ma sull’utero in affitto, pratica aberrante».