“Resistenza”

Gay Pride, i politici Pd salgono sul carro e inneggiano alla “resistenza”

Dario Martini

Più che il Gay Pride sembrava di essere al Pd Pride, l’orgoglio democratico. Elly Schlein ha fatto scendere in piazza il partito. Il Roma Pride si è rivelato chiaramente una manifestazione politica, con la sinistra che è riuscita a metterci sopra il proprio cappello. Al fianco della segretaria c’erano, tra gli altri, il responsabile Dem per i diritti Alessandro Zan, che ha lanciato un appello alla «resistenza collettiva» contro un governo intenzionato a portarci «in Polonia e Ungheria», il deputato ed ex governatore Nicola Zingaretti, che se l’è presa con il suo successore in Regione per aver tolto il patrocinio all’evento, e il sindaco Roberto Gualtieri, che ha insistito sulle trascrizioni dei figli di coppie omogenitoriali nati all’estero. Accanto al Partito democratico anche gli alleati di +Europa, con un carro tutto loro, su cui campeggiava una Venere di Botticelli in versione Lgbti+. Un chiaro riferimento alla campagna «Open to meraviglia»» del ministero del Turismo. La Venere "gay friendly" del partito di Emmma Bonino indossava una t-shirt con la scritta «Open to love». Particolarmente battagliero il segretario Riccardo Magi: «La maggioranza degli italiani è a favore del matrimonio egualitario e delle adozioni per le coppie omogenitoriali e per i single. Noi oggi manifestiamo con loro e per loro. Se il governo vorrà tornare indietro sui diritti civili useremo tutti i mezzi democratici per fermarli».

 

  

 

Schlein, che ha anche ballato al ritmo di Furore, la canzone di Paola e Chiara, è riuscita a tenere un piccolo comizio: «Il Partito democratico sarà sempre nei luoghi della tutela e della promozione dei diritti Lgbtqia+. A partire dal matrimonio egualitario, dalle adozioni, dal riconoscere delle figlie e dei figli delle coppie omogenitoriali. Siamo qui perché è giusto e importante esserci ed è invece sbagliato che non ci sia la Regione Lazio. Siamo qui coi nostri corpi a supportare le associazioni e abbiamo aderito come Pd a tutta l’onda Pride. Chi governa l’Italia oggi è riuscito ad affossarlo con un applauso difficile da dimenticare una legge di civiltà come la legge Zan che c’è in tutta Europa ed è contro l’odio basato sulla discriminazione sessuale e l’identità di genere».

 

 

La segretaria del Pd, incalzata dai cronisti sulla maternità surrogata invocata dai manifestanti, ha sviato: «Le polemiche le lasciamo agli altri, questa è una straordinaria risposta di partecipazione che credo che sia anche dovuta alla scelta ingiusta della Regione Lazio di togliere il patrocinio. Queste sono persone che lavorano, fanno impresa e pagano le tasse ma proprio perché sono discriminare hanno difficoltà a fare impresa e ad accedere ai servizi. Noi siamo qui perché continueremo a essere al loro fianco». Che il Roma Pride fosse una manifestazione egemonizzata dal Pd lo ha dimostrato anche quanto accaduto all’inizio, quando il corteo si era appena mosso da piazza della Repubblica. Alcuni attivisti hanno contestato la presenza delle bandiere del Movimento 5 Stelle, che si sono alzate all’arrivo del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. I militanti hanno intimato di abbassarle: «Al Pride non si portano le bandiere di partito». I politici pentastellati presenti erano la deputata Alessandra Maiorino, il consigliere regionale del Lazio, Valerio Novelli, e quello capitolino Paolo Ferrara. Assente, invece, il leader Giuseppe Conte.