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Schlein rischia di perdere l'ultimo fortino rosso. Grandi manovre a Firenze

Christian Campigli
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Un voto che sancirà il futuro dell'ultimo fortino rosso. Che deciderà non solo i prossimi cinque anni di Firenze, le valutazioni sulla tramvia, sui parcheggi scambiatori e sullo scudo verde. Ma stabilirà anche (e soprattutto) lo stato di salute del Partito Democratico. Perché Elly Schlein, dopo le bastonate elettorali subite la scorsa settimana, non può davvero permettersi di perdere anche il capoluogo toscano. Al momento sono davvero pochi i punti fermi per aprile 2024. I dem paiono essersi convinti di organizzare le primarie (anche se tra molti mugugni). Se di partito o di coalizione resta ancora un mistero.

 

L'attuale sindaco, Dario Nardella, è al termine del suo secondo mandato e quindi non ricandidabile. Rosa Maria Di Giorgi, Sara Funaro, Mirko Dormentoni e Andrea Giorgio i papabili nomi del suo successore. Il primo, enorme dubbio, riguarda il ruolo di Italia Viva. Che a Firenze ha un peso ben diverso rispetto allo scenario nazionale. Secondo i rumors di palazzo, il movimento di Renzi sarebbe intenzionato a correre da solo, sostenendo la coppia, tutta al femminile, Stefania Saccardi – Cecilia Del Re.

 

E il centrodestra? Dopo anni di sconfitte cocenti, di elezioni il cui risultato era scontato e prevedibile, i moderati hanno la possibilità (grazie alla straordinaria spinta propulsiva di Giorgia Meloni) di giocarsi la partita. Anche in questo caso, le idee sono tutt'altro che chiare. C'è chi apre, nel direttivo di Fratelli d'Italia (il partito che dovrà, de facto, portare il nome), uno spiraglio ad un accordo con i centristi. “Sarebbe un'idea innovativa e vincente. Ci garantirebbe un ballottaggio pressoché scontato”. L'ala più identitaria del partito non vuole nemmeno sentirne parlare. “Non ci possiamo snaturare così. I nostri valori non sono negoziabili”.

 

Se prevarrà questa seconda via, il nome (quasi) certo portato in dote agli alleati di Lega e Forza Italia sarà quello di Jacopo Cellai. Uomo di grande esperienza, ma, sottolineano i maligni, “troppo di destra” per essere in grado di intercettare i voti centristi, indispensabili per giocarsi la partita al ballottaggio. Tra mille dubbi, un'unica certezza: se i conservatori vogliono (davvero) avere una speranza di vincere, dovranno imparare dal passato. Mai più candidati presentati a febbraio. Serve una campagna elettorale di almeno sei mesi per provare a prendere l'ultimo fortino rosso.

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