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Eugenia Roccella critica la sinistra dopo l'aggressione al Salone del Libro

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Pierpaolo La Rosa
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Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità. Quanto accaduto l’altro ieri al Salone del Libro di Torino, con la dura contestazione avvenuta nei suoi confronti, è davvero il fascismo degli antifascisti, come da lei stessa denunciato?
«La definizione è di Pasolini, e il primo ad applicarla ai fatti di Torino è stato Matteo Renzi. Credo che abbia ragione: con metodi aggressivi e illiberali è stato negato il diritto di parola a una persona che era stata semplicemente invitata a presentare un libro nel luogo che dovrebbe essere il più aperto a ogni opinione: il Salone del Libro. Considerato che sono gli stessi che ogni giorno gridano all’allarme fascismo».
Si può parlare, quindi, di squadrismo?
«Non ce l’ho con le contestazioni, che sono sempre ammissibili in democrazia, anche se per la mia storia ritengo la non-violenza un metodo irrinunciabile. Penso però che avrebbe dovuto esserci una condanna unanime nei confronti di quello che è accaduto; invece a sinistra c’è stato un preoccupante silenzio, o peggio, il tentativo di rovesciare la realtà».
È paradossale che atti di così grave intolleranza trovino spazio in un luogo, come il Salone del Libro di Torino, che dovrebbe essere dedicato al dialogo ed al confronto.
«Sì, lo è. Ed è grave che non lo abbia capito il direttore del Salone, che ha provato a mediare, come avevo già fatto io, ma di fronte al rifiuto dei manifestanti non ha ritenuto di prendere una posizione chiara ed esplicita contro chi nega il diritto di parola. Non gli chiedevo di aderire alle mie idee o di dichiararsi a favore di questo governo, ma semplicemente di difendere la libertà di opinione e di espressione. Tra l’altro il mio non è un libro sulla mia attività politica ma sulla mia famiglia, immersa nella storia del Partito radicale, delle lotte libertarie e femministe degli anni Sessanta e Settanta. Una vicenda che forse chi manifestava dovrebbe conoscere».
Cosa risponde alla segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, che ha accusato lei e la destra di governo di non tollerare il dissenso?
«Chiunque può farsi un’idea e giudicare guardando i video dell’accaduto. Ho chiesto ai contestatori di confrontarsi, li ho invitati sul palco a leggere il loro comunicato (cosa che hanno fatto), ho raccomandato alle forze dell’ordine di non allontanarli e di non reagire alle provocazioni. Per tutta risposta, è stato impedito che si svolgesse l’evento in programma». 
Da sinistra, finora, non c’è stato alcun coro di biasimo rispetto a quanto successo due giorni fa.
«Peggio, hanno cercato pretesti, davvero ridicoli e surreali, per ribaltare le accuse, arrampicandosi sugli specchi. Lei ha citato la Schlein, potrei aggiungere la Appendino che ha definito il governo "prepotente e arrogante", Saviano che mi ha dato della provocatrice… Devo continuare?».
Tra le poche eccezioni, a sinistra, quella del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che le ha espresso solidarietà.
«L’ho apprezzato e l’ho invitato a organizzare una nuova presentazione, insieme, nella sua città. Per un confronto davvero libero. Spero che accolga l’idea».
Come mai la sinistra pretende sempre di dare lezioni di democrazia agli altri?

]«Ormai è un dato di fatto che gli attacchi alla libertà di espressione vengono da sinistra, e cioè proprio da quella parte politica che si professa paladina dei diritti, ma ha problemi a rispettare la libertà di chi la pensa diversamente. Gli episodi di intolleranza sono tanti, recenti e meno recenti: penso per esempio a quando si impedì a Papa Ratzinger di parlare all’università di Roma. Soprattutto, a differenza di quanto accade a destra, quando a sinistra si verificano episodi di questo tipo, non scattano gli anticorpi ma la difesa d’ufficio degli amici, di chi fa parte del proprio schieramento e del proprio ambiente. È successo anche stavolta».
Che giudizio dà, infine, della fiera della fertilità «Wish for a baby», che si è tenuta a Milano questo fine settimana?
«Da un po’ di tempo ci si sta assuefacendo all’idea che la genitorialità, la maternità, i bambini, i corpi delle donne, possano essere trattati come merce, scambiati dietro compenso, regolati da contratti e dalla legge della domanda e dell'offerta. Mentre quelle ragazze contestavano me, a Milano contro la fiera manifestavano le femministe consapevoli del pericolo di questa deriva. Alle mie contestatrici, che parlavano di libertà delle donne e di controllo sul corpo femminile, ho proposto di lottare insieme contro l’utero in affitto. Hanno opposto un secco rifiuto. È questa contraddizione insanabile che il nuovo mercato della genitorialità incarna, e che noi vogliamo spezzare».
 

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