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Migranti, Pd contro i centri rimpatri. Ma li ha "inventati" la sinistra

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Alessio Buzzelli
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Da più di due settimane la sinistra italiana è impegnata a scagliarsi un giorno sì e l’altro pure contro la proposta del Governo Meloni di potenziare su tutto il territorio italiano la rete dei così detti Cpr - centri di permanenza per i rimpatri- luoghi deputati a gestire il rientro in patria dei cittadini stranieri irregolari sui quali grava un provvedimento di espulsione. Ignorando o, meglio, facendo finta di ignorare non solo che a «inventare» questo strumento fu, nel 2017, un governo di centrosinistra, ma pure che a chiederne esplicitamente il suo potenziamento sia stata, quasi un anno fa, quando al governo c’erano sempre loro, nientemeno che l’Unione Europea.

 

Si tratta di una decisione di esecuzione del Consiglio Ue datata 17 giugno 2022 e relativa alla «correzione delle carenze individuate nella valutazione 2021 dell'Italia sull'applicazione dell'acquis di Schengen in materia di rimpatrio», in cui sono elencate tutta una serie raccomandazioni destinate al nostro Paese proprio sulla gestione del sistema dei rimpatri, evidentemente giudicato da Bruxelles carente sotto diversi aspetti. In particolare, nel primo punto del documento, l’Ue invitava senza mezzi termini l’Italia ad «assicurare che sia emessa senza inutili ritardi una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di paese terzo la cui domanda di soggiorno regolare o di protezione internazionale sia stata rigettata», per poi raccomandare direttamente, al punto 6, di «migliorare le infrastrutture, i servizi, le condizioni di vita nei centri di trattenimento» e di «garantire il rispetto della vita privata sia nei locali sanitari che durante le visite».

 

Nell’ultimo punto, il numero 7, il Consiglio chiedeva infine di «adottare tutte le misure necessarie» per garantire che il rimpatrio sia «eseguito in maniera efficace», reperendo «risorse umane adeguate», assicurando «una capacità di trattenimento allineata alle esigenze reali», eliminando gli ostacoli «che limitano il ricorso a misure alternative al trattenimento» e aumentando «i progetti di rimpatrio volontario assistito».

Dovrebbe a questo punto essere chiaro a chiunque, come il modo più efficace per rispettare questo tipo di raccomandazioni consista nell’ampliare, potenziare e finanziare il sistema dei rimpatri, di cui i Cpr sono parte integrante. A chiunque tranne che al centrosinistra italiano di oggi, le cui reazioni indignate di queste settimane per la proposta avanzata dal Governo in carica sono ben lontane dal rispettoso silenzio che invece esibì quando al governo c’era lui e il Consiglio Ue stilò le richieste sopra riportate.

 

Un doppiopesismo, quello dei dem nostrani, che ha raggiunto il suo apice il 16 aprile scorso, quando ben cinque regioni «rosse» (Toscana, Campania, Emilia Romagna, Puglia e Valle d’Aosta) si rifiutarono di firmare l’intesa sull’immigrazione per la dichiarazione dello stato di emergenza e la conseguente nomina di un commissario straordinario ad hoc, proprio, pare, a causa della paventata possibilità di potenziare il sistema dei Cpr su tutto il territorio nazionale, esattamente come chiesto dall’UE. Siamo, insomma, alle solite: il famigerato «ce lo chiede l’Europa», mantra tante volte utilizzato dai dem come una clava per far passare norme di discutibile utilità per il nostro Paese, vale solo quando conviene alla sinistra.

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