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Figuraccia sul Def, si vota di nuovo. Meloni: brutto scivolone ma il documento passerà
Tutto da rifare. La relazione del governo sullo scostamento di bilancio passa al Senato, ma non alla Camera. La risoluzione avrebbe autorizzato il governo a utilizzare maggiore deficit per 3,4 miliardi nel 2023 e 4,5 miliardi nel 2024. A Montecitorio la votazione finisce con 105 astenuti, 19 contrari e 195 favorevoli, 319 i presenti e 214 i votanti. La maggioranza si è fermata a 194 voti favorevoli, il 195esimo è di Giachetti del Terzo Polo, ma la maggioranza assoluta, necessaria affinché il testo passasse, si raggiungeva a quota 201 visto che la Camera è composta da 400 deputati. La maggioranza può contare su 238 deputati: 118 di Fratelli d’Italia, 66 della Lega, 44 di Forza Italia e 10 di Noi Moderati. Quindi, calcoli alla mano, sono 45 i voti mancanti. Di questi 18 erano in «missione» quindi sono assenti giustificati, ma 25 sono assenti ingiustificati: 11 della Lega, 9 di Forza Italia e 5 di Fratelli d’Italia. La maggioranza ha lasciato per strada 43 voti più i 2 di Noi Moderati fanno 45 in tutto. Il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle si sono astenuti, mentre Azione e Italia Viva hanno votato contro.
La prima reazione è del ministro Giorgetti che uscendo dall’Aula dichiara ai cronisti presenti: «Nessun problema politico, è che i deputati o non sanno o non si rendono conto». Secondo l’Agi Meloni da Londra avrebbe reagito scrivendo sulla chat di Fratelli d’Italia: «Non ho parole...», anche se le dichiarazioni ufficiali tendono a rassicurare sull’esito del provvedimento. «Un brutto scivolone, è stata una brutta figura, credo che tutti debbano essere richiamati alla responsabilità.
Noi non ci stiamo risparmiando e nessuno si deve risparmiare. Ma francamente non credo che sia stato un segnale politico, per paradosso anzi è accaduto per un eccesso di sicurezza- ha dichiarato Meloni - Ora si deve fare una ulteriore considerazione sui parlamentari in missione- ha aggiunto - ma non ci vedo un problema politico. Il Def sarà approvato, manterremo i nostri impegni». Nel frattempo in Transatlantico sulle facce dei deputati della maggioranza si legge lo spaesamento per un inciampo che nessuno aveva previsto, ma soprattutto nessuno sa rispondere ai cronisti che pongono la stessa domanda: «E ora che succede?». Era infatti dalla riforma costituzionale del 2012 che uno scostamento non otteneva la maggioranza assoluta.
Fabio Rampelli che presiedeva la Camera durante la votazione appare spaesato e rimanda tutto alla riunione dei capigruppo. Riunione che viene rimandata più volte perché nel frattempo si riunisce il Consiglio dei ministri. Consiglio lampo in cui, su proposta del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, viene approvata una nuova Relazione al Parlamento in cui restano confermati i saldi di finanza pubblica già riportati dal Documento di economia e finanza 2023, mentre la nuova relazione sottolinea le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Consiglio dei ministri già fissato per il 1° maggio. Verso sera arriva la soluzione al pasticcio: dopo il Cdm, il testo va inviato subito in Commissione per un’approvazione in notturna per poi rimandarlo ai due rami del Parlamento. Oggi il voto a Montecitorio è previsto intorno alle 11.30, mentre al Senato alle 14. E per non incappare in nuovi errori ieri sera Giorgia Meloni ha inviato un ordine di servizio ai suoi perché siano tutti presenti sia in Commissione che in Aula.