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Cinque procedure d'infrazione Ue contro l'Italia: stretta di Bruxelles

Gaetano Mineo
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Bruxelles ha avviato cinque procedure di infrazione contro l’Italia. Ieri, in totale, sono state trentadue le lettere di messa in mora inviate a dieci Paesi Ue, dalla Commissione europea. Un lavoro di routine, quello dell’organo esecutivo comunitario che, tra l’altro, ha il compito di far rispettare il diritto dell’Unione ai Paesi membri, avviando di conseguenza proprio procedimenti di infrazione nei confronti dei Paesi inadempienti. E così per l’Italia, come anche per Grecia e Belgio, scatta la messa in mora per non aver applicato correttamente le norme previste dalla direttiva sui ritardi di pagamento da parte delle Pubbliche Amministrazioni (Direttiva 2011/7/Ue). Nella lettera inviata a Roma, Bruxelles fa riferimento alla legislazione nazionale che «costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento, poiché prevede l'estensione del termine di pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni oltre i termini previsti» dalla normativa, ossia entro 30 giorni. Nel mirino in particolare le disposizioni che consentono alla Regione Calabria di effettuare pagamenti nel settore sanitario al di là dei limiti temporali fissati dalla direttiva, che obbliga le Pa a pagare le fatture entro 30 giorni (o 60 giorni per gli ospedali pubblici).

 

 

Procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia anche per il mancato corretto recepimento della direttiva Ue in materia di antiriciclaggio. Il nostro Paese, insieme a Lettonia e Portogallo, «avevano notificato il pieno recepimento delle norme comunitarie, ma la Commissione europea ha individuato diversi casi di mancata conformità su aspetti ritenuti fondamentali – come, nel caso dell’Italia - la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi», decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora. La Commissione europea, inoltre, ha inviato un parere motivato all'Italia - secondo stadio della procedura d'infrazione – in merito ai lavoratori a tempo determinato nel settore pubblico. Bruxelles obbliga gli Stati membri a disporre misure atte a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a termine. Circa la normativa italiana, questa, «non impedisce né sanziona in misura sufficiente l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato in successione per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico e in particolare: insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali, personale volontario dei Vigili del fuoco». Inoltre, alcuni di questi lavoratori «hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell'Unione».

 

 

La Commissione aveva già avviato la procedura di infrazione inviando una prima lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da una lettera complementare di messa in mora nel dicembre 2020. Le spiegazioni fornite dall’Italia non hanno convinto però la Commissione. Altra lettera di messa in mora, poi, all’Italia (e a Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Grecia, Cipro, Lettonia, Lituania e Lussemburgo) per non aver trasposto pienamente nei rispettivi ordinamenti la direttiva sui lavoratori stagionali che mira ad assicurare condizioni di vita e di lavoro decenti. Ultima procedura di infrazione per Italia, Danimarca ed Estonia, per non aver recepito la direttiva sull’accessibilità dei prodotti e dei servizi per le persone con disabilità. L'Italia ha ora 2 mesi per rimediare alle carenze.

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