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Rogo di Primavalle 50 anni dopo, Giorgia Meloni: "Serve vera pacificazione"

"Il 16 aprile di cinquant'anni fa l'Italia e Roma hanno vissuto una delle pagine più buie della storia nazionale". Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ricorda così il rogo di Primavalle in cui persero la vita Stefano e Virgilio Mattei, a seguito di un incendio doloso attribuito ad alcuni esponenti della sinistra extraparlamentare di Potere Operaio. Una vicenda che ha segnato i cosiddetti anni di piombo, anni "duri" li definisce la premier, che "il popolo italiano ha saputo superare" e rispetto ai quali "quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l'Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale", scrive in un messaggio inviato al presidente dell'Associazione Fratelli Mattei, Giampaolo.

I due fratelli Mattei erano figli di Mario, segretario della sezione locale del Msi del quartiere Primavalle. Nella notte di 50 anni fa, tre aderenti a Potere operaio diedero fuoco con della benzina alla porta del loro appartamento, al cui interno si sviluppò l'incendio. Lo stesso Mattei, la moglie Anna Maria e quattro dei loro sei figli (Antonella, Giampaolo, Lucia e Silvia) riuscirono a scappare rocambolescamente, alcuni gettandosi dai balconi. Gli altri due figli, Virgilio di 22 anni e Stefano di 8 anni, morirono bruciati vivi. Per la strage furono condannati in via definitiva a 18 anni di carcere Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, che si diedero alla latitanza (Lollo e Grillo in Sudamerica) e la cui pena venne poi dichiarata estinta per prescrizione nel 2003.

  

Il movente era "l'odio cieco e totale nei confronti dell'avversario politico. Un odio allo stato puro che stava divorando la mente e il cuore di molti e che stava avvelenando la Nazione", afferma Meloni, richiamando "l'obiettivo che mi auguro tutte le forze politiche, le istituzioni, le agenzie educative e la società vogliano porsi per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di rispetto e tolleranza. Perché nel confronto politico non ci siano più nemici da abbattere o da distruggere, ma soltanto avversari, con i quali confrontarsi civilmente e nel riconoscimento reciproco". Il tema della pacificazione, secondo la premier, è essenziale per evitare che tornino "gli anni dell'odio", nei quali "l'avversario politico era un nemico da abbattere".

"Il ricordo di queste vittime innocenti dell'odio ideologico è ancora vivo in tutti noi", aggiunge il presidente del Senato Ignazio La Russa, osservando che "per Virgilio e Stefano si chiedeva giustizia e non vendetta ma gli assassini, purtroppo, ancora oggi non hanno mai pagato per quello che è stato uno dei più efferati e drammatici delitti politici degli anni Settanta". Ora, continua la seconda carica dello Stato, "le forze politiche possono trovare un terreno comune di ricordo affinché la violenza e l'odio non alberghi più nella nostra Nazione". Di "conquistare un'autentica e sincera pacificazione nazionale" parla anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che partecipa alla commemorazione sul luogo della strage - insieme al presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e all'assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor - e sottolinea "l'obbligo di coltivare la memoria".

Come fa, in rappresentanza del Pd, il senatore Walter Verini, per il quale ricordare i fratelli Mattei "è un dovere. Quegli anni di stragi nere e depistaggi e di insorgente terrorismo rosso, furono anche gli anni dell'odio che vide vittime decine di ragazzi, morti assassinati, come nemici da abbattere", a destra e a sinistra. Un accenno di polemica arriva da FdI, con il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, che rimarca come gli autori del rogo "per decenni hanno goduto della protezione e dell'appoggio di una certa sinistra", mentre "solo tramandando ai nostri figli e nipoti il ricordo di questo ignobile atto compiuto, dei successivi depistaggi e dei tentativi di insabbiare il tutto, il loro sacrificio non sarà stato vano".