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Arriva il primo Def del governo Meloni: stime in rialzo

Gianni Di Capua
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Il termine di legge è il 10 aprile, ma con la coincidenza delle festività pasquali il Documento di economia e finanza (Def) slitterà al Consiglio dei ministri atteso per martedì prossimo. È la prima volta che il governo Meloni si cimenta nella definizione del quadro macroeconomico, fatto di stime sulla crescita, l’indebitamento e l’inflazione di quest’anno, e di obiettivi di finanzia pubblica fino al 2026. La cornice potrebbe essere migliore delle previsioni. Rispetto al +0,6% di crescita indicato nella Nota di aggiornamento al Def (Nadef) di fine settembre, infatti, l’Ocse ha di recente confermato la stima (alzandola al +1% nel 2024), mentre la Commissione europea l’ha ritoccata al +0,8%. Il governo dovrebbe alzarla al +0,9%. Riguardo all’inflazione, l’Ocse segnala una discesa dall’8,7% del 2022 al 6,7% di quest’anno, fino al 2,5% del 2024. Sull’indebitamento, invece, l’Istat ha diffuso mercoledì i dati del quarto trimestre 2022 relativi alle Amministrazioni pubbliche (-5,6%), registrando un peggioramento dello 0,7% sullo stesso periodo del 2021, ma un miglioramento di 0,5 punti percentuali nel saldo primario.

 

 

In questa cornice il governo sta lavorando per mettere a fuoco tre importanti voci di spesa e far quadrare i conti. In primo luogo, dato il protrarsi della guerra in Ucraina, le risorse da destinare al comparto militare. Secondo il Servizio studi della Camera, nell’ultima legge di bilancio sono stati già autorizzati per quest’anno 27,7 miliardi, 1,8 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Inoltre, sono stati stanziati 1,57 miliardi per le missioni internazionali. Cifre che, nel complesso, corrispondono a circa l’1,38% del Pil. Il governo è impegnato a raggiungere il 2% concordato con la Nato quasi dieci anni fa, ma il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ammesso che «non sarà facile» con gli attuali vincoli di bilancio. In ogni caso il premier, Giorgia Meloni, ha ribadito l’impegno nelle scorse settimane: «Non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare gli stanziamenti in spese militari»; e ci si aspetta quindi un intervento in questo senso nel Def.

 

 

L’altro capitolo ponderoso è la previdenza, con una spesa destinata a crescere, secondo la Nadef, da 297,3 miliardi del 2022 a 320,8 del 2023. Introdurre Quota 41, che a regime costerebbe 9 miliardi l’anno, non sembra un’opzione di breve scadenza, ma resta anche da capire cosa accadrà il prossimo anno, dopo l’esaurimento di Quota 103 a fine dicembre. Non a caso i sindacati già premono per aprire il confronto. La spending review, infine, secondo l’impostazione collegata al Pnrr, dovrà produrre risparmi da 3,56 miliardi da qui al 2025. Nel Def dovrebbero essere precisati i tagli per recuperare risorse. Sempre sul Pnrr c’è una variabile a cui si guarda con attenzione, ed è la spinta sul Pil del Piano nazionale di ripresa e resilienza che tra ritardi, cambi di governance e la terza rata ancora in stand by a Bruxelles potrebbe risultare più contenuta delle attese. Appena pochi giorni fa la Corte dei Conti ha certificato la lentezza dell’attuazione del piano a fine anno il livello della spesa cumulata dovrebbe rimanere inferiore di quasi 15 miliardi rispetto al quadro finanziario iniziale definito dal governo Draghi.

 

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