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Conte cerca i Verdi europei ma rimedia un altro schiaffo

Gaetano Mineo
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Giuseppe Conte, continua a bussare invano. La porta dei Verdi/Ale al parlamento europeo è sempre più sbarrata. In meno di due mesi, il capo del M5s è andato due volte a Bruxelles per incontrare i parlamentari ambientalisti e convincerli ad accettare l’ingresso del Movimento Cinquestelle nel loro gruppo. Niente da fare. In Europa, dei pentastellati non vogliono sentir parlare. Quindi, porte ancora sbarrate. L’impresa, per l’ex premier, diventa ancora più ardua per il veto anche dei Verdi italiani, secondo cui ci sono posizioni del M5S che «non coincidono con quelle dei Verdi europei, di cui condividiamo la cautela».

Filiberto Zaratti, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Affari costituzionali dalla Camera, non lo manda certo a dire. «Ognuno di noi è il portato della propria storia e il M5s, negli anni di governo, ha fatto scelte che contrastano con aspetti fondanti dei Verdi Ue, a partire dalla questione migranti», dice all’AdnKronos, ricordando i decreti sicurezza approvati dal governo Conte con il ministro dell’Interno Salvini. Ma anche «gli interrogativi che un movimento monocratico pone sul fronte della democrazia interna, ai cui criteri tutti i partiti europei devono conformarsi».

Se questo è lo scenario, per l’ex premier la strada è sempre più in salita. E neanche il tempo è a favore del capo dei 5 Stelle. La priorità di Conte, infatti, è riuscire a concludere la procedura di adesione al gruppo dei Verdi a Bruxelles prima delle prossime elezioni Europee (più o meno tra un anno), in modo tale da impostare una campagna elettorale comune, ed essere protagonista nel prossimo Parlamento europeo che avrà senza dubbio un impatto rilevante sulla politica italiana. Conte deve correre anche perché l'alleato-concorrente, il Pd, ha ripreso a marciare con l’arrivo al Nazareno di Elly Schlein. Fatto evidenziato dai sondaggi delle ultime ore che vedono il Pd recuperare consensi e superare per la prima volta da ottobre scorso il M5s. Insomma, Conte si sente sotto scacco.

Tra l’altro, appena potrà, Schlein darà vita a un tour europeo a casa dei leader della sinistra. Vuole essere l'anti-Meloni. E Conte questo lo ha capito. Neanche il passato gioca a favore dell’ex premier. Infatti, il Movimento 5 stelle ha trovato sempre grande difficoltà in Europa fin dalla sua fondazione. Basta ricordare che tra il 2014 e il 2019, interprete di una linea euroscettica, vicina allora alle posizioni della Lega con cui era andato al governo, il partito antisistema aveva trovato un accordo con lo Ukip di Nigel Farage per la costituzione di un gruppo comune, un fatto che ha pregiudicato alleanze nell’attuale legislatura.

Tornando in Italia, anche i rapporti tra Conte e Angelo Bonelli, leader dei Verdi, non facilitano la strada per Bruxelles dell’ex premier. Di colpi bassi, sferrati reciprocamente in queste ultime settimane, se ne registrano diversi. «Noi abbiamo sempre voluto costruire relazioni politiche, ma Conte ha sempre cambiato posizione e lo potrebbe fare anche domani. Per questo un loro ingresso al gruppo va respinto», sbottava poco tempo fa Bonelli, respingendo marcatamente l’ingresso del M5s nei Verdi europei. «Io non ho capito se Bonelli ha più a cuore le sfide ambientali o la difesa dell’interesse di partito», replicava l’ex premier, chiudendo con un affondo: «Sono diversi anni che fa politica e il consenso che raccoglie è modesto».

Un fatto è certo, il Movimento 5 Stelle dovrà trovare il modo di convivere con il Pd, che con a capo Schlein sposterà il suo baricentro a sinistra, rischiando di fare concorrenza al posizionamento costruito in questi mesi da Conte. Ed è proprio in questo contesto che senza dubbio l’adesione da parte del M5s ai Verdi in Europa per l’ex premier è parte della strategia per essere competitivo con i Democratici. 

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