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Chi sono gli alleati della Meloni, l'agenda del premier piace in Europa

Dario Martini
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L’agenda Meloni trova sempre più sostenitori in Europa. «Bloccare le partenze» dei migranti è ormai una priorità in ambito Ue. Anche i governi tradizionalmente più restii ad assumersi una "quota" di responsabilità iniziano a condividere l’esigenzadi un «cambio di passo», come chiede il premier italiano. Le parole pronunciate pochi giorni fa da a Palazzo Chigi dal primo ministro MarkRutte lo confermano: «Il temamigranti richiede un approccio europeo efficiente. È urgente prevenire le tragedie e lottare insieme contro i trafficanti di esseri umani».

Anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, lo ha scritto in una lettera di risposta a Meloni: «Condivido pienamente la sua opinione secondo cui come europei, politici e cittadini abbiamo il dovere morale diagire per evitare tragedie come quella diCutro,chepurtroppo si verificano troppo spesso. Quest’ultima tragedia deve quindi servire da invito a raddoppiare la nostra determinazione a portare soluzioni efficaci e durature».

Insomma, la strada è tracciata. Anche se dalle parole bisognerà passare ai fatti. Al momento, il primo passo in avanti è stato fatto il 9 febbraio scorso, quando in sede di Consiglio europeo è stato adottato un documento che impegna la Commissione a proporre misure efficaci contro gli sbarchi. I 27 Stati membri hanno indicato la "rotta" da seguire: «Un approccio globale alla migrazione che combini il rafforzamento dell’azione esterna, un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue e la dimensione interna».

Ancora più nello specifico: «L’Unione europea rafforzerà la sua azione tesa a prevenire le partenze irregolari e la perdita di vite umane, ridurre la pressione sulle frontiere dell’Ue e sulle capacità di accoglienza, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri. A tal fine si intensificherà la cooperazione con i paesi di origine e di transito attraverso partenariati reciprocamente vantaggiosi. Tutte le rotte migratorie dovrebbero essere coperte, anche con risorse adeguate».

Come ha sottolineato Meloni due giorni fa a Cutro, «il cambio di passo dell’Europa sul tema immigrazione«ad oggi loabbiamo mo visto nei documenti», ora servono «provvedimenti efficacie risorse. È fondamentale che al prossimo Consiglio europeo si possano avere atti concreti».

Non bisogna farsi illusioni. Anche perché giovedì scorso, in occasione del Consiglio Affari interni a Bruxelles, sette Paesi (Austria, Belgio,Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi e Svizzera, quest’ultima in veste di membro Schengen) hanno pubblicato una lettera in cui chiedono di «applicare in buona fede» le regole di Dublino. Nel documento non si fa il nome dell’Italia, ma lo hanno fatto alcuni ministri al loro arrivo alla riunione, Francia e Svizzera in particolare. «Bisogna rispettare le regole attuali, che prevedono la registrazione e il rimpatrio di chi non ha diritto all’asilo».

In pratica, questi Stati pretendono che il nostro governo faccia in modo che i migranti sbarcati sulle coste italiane non si spostino poi in altri Paesi europei. Nonostante questo motivo di attrito, alla riunione di Bruxelles - ha ricordato il sottosegretario Nicola Molteni - sono stati fatti comunque passi avanti. In particolare su quattro punti: «La crisi economica e finanziaria della Tunisia, che sta determinando un incremento delle partenze e degli arrivi sulle coste italiane e quindi europee; la necessità di rafforzare i rimpatri; un maggior coordinamento dei soccorsi; un impegno finanziario adeguato alle attuali sfide per favorire corridoi umanitari e accordi con i Paesi di partenza».

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