concessioni

Balneari, il piano di Maurizio Gasparri: a bando le spiagge libere

Alessio Buzzelli

Se lo scopo reale è davvero quello di favorire la concorrenza nel mercato delle concessioni balneari, allora una soluzione c’è: fare una mappatura del demanio costiero italiano, individuare le aree non ancora occupate e, infine, metterle a gara. Senza così dover distruggere le imprese già attive, le quali con il lavoro di anni hanno contribuito allo sviluppo del turismo del nostro Paese». Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, da sempre vicino alla galassia del settore balneare italiano, va dritto al punto della «questione concessioni», ponendo al centro del dibattito una possibile chiave di volta per la risoluzione del problema: la mappatura delle coste. 
Senatore Gasparri, cosa intende quando parla di «mappatura delle coste»?
«Quella della mappatura del demanio costiero è una vecchia questione, peraltro già prevista dalla legge sulla concorrenza licenziata dal governo Draghi, nonché una assoluta priorità. Fare una mappatura significa fare una verifica ufficiale, puntuale, precisa ed omogenea dello stato delle nostre coste - che, ricordo, sono lunghe ben 8mila chilometri - e stabilire quanta porzione demanio costiero marittimo, fluviale e lacustre è occupata e quanta, invece, è libera». 
Perché questa operazione potrebbe essere il punto di svolta per risolvere il problema delle concessioni balneari?
«Perché attraverso una mappatura si andrebbero individuare le tante aree non ancora occupate, al fine di metterle a gara per i nuovi operatori. Ciò, da una parte permetterebbe lo svolgersi di una ‘vera’ concorrenza, e, dall’altra, salvaguarderebbe le migliaia di imprese balneari già attive, le quali, con il loro lavoro, costituiscono la spina dorsale del turismo italiano. Infine, in questo modo si potrebbe dimostrare anche che quella delle coste non sia affatto ‘una risorsa scarsa’, come molti sostengono, cosa che farebbe decadere automaticamente l’applicazione della direttiva Bolkenstein, la quale si basa proprio sul principio della scarsità. Insomma di spazio ce n’è in abbondanza».
Stando così le cose, perché così tante resistenze - come ad esempio quelle palesate dall’UE negli ultimi giorni - verso questo tipo di soluzione?
«Le ultime prese di posizione dell’UE sono a dir poco stupefacenti. Ho trovato vergognoso il fatto che proprio nei giorni in cui, dopo il naufragio di Crotone, lungo le coste italiane si stiano ancora contando i morti, da Bruxelles sia arrivato un portavoce a bacchettare l’Italia sulle concessioni balneari. C’è un’insistenza maniacale nei confronti di questo tema che posso spiegarmi solo con il totale scollamento verso il mondo reale di cui soffrono le istituzioni europee, chiuse nella loro torre d’avorio fatta solo di paper e numeri e lontana dalla vita vera delle persone. Su alcuni temi sono ormai poco credibili, come ad esempio sulla concorrenza».
Eppure «concorrenza» è una delle parole più invocate quando si parla di balneari.
«Proprio per questo lo dico. Quanto è credibile un’istituzione che pretende concorrenza per le piccole imprese balneari italiane e non fa lo stesso con le grandi multinazionali? Ci sono giganti del commercio che in Europa beneficiano di una minimun tax del 15%, a fronte dell’oltre 50% che paga un commerciante normale: se non è anticoncorrenziale inginocchiarsi alle multinazionali, mentre si perseguitano i bagnini in nome della concorrenza, non cos’altro lo sia. Spero solo che questo atteggiamento sia dovuto alla falsa narrazione costruita sui balneari e non da altro».
A quale falsa narrazione si riferisce?
«Non basterebbe un giornale intero per analizzarla. Possiamo cominciare con la storia che vorrebbe tra le condizionalità del Pnrr la messa a gara delle concessioni: falso; poi c’è quella dei fatturati abnormi a fronte di canoni bassi: falso anche questo, anche perché il Governo in carica li ha appena aumentati del 25%; ancora, c’è quella che vorrebbe la «risorsa spiagge» scarsa: falso, di nuovo. Ciò che è giusto fare va fatto, ma distruggere piccole aziende in nome di una concorrenza di facciata, per giunta basata su presupposti mendaci, e a fronte di soluzioni più che fattibili sul tavolo, non ha alcun senso»