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Bonaccini e Schlein, gazebo aperti per le primarie Pd. L'ultimo scontro su De Luca

Edoardo Romagnoli
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L’apertura di Stefano Bonaccini al terzo mandato di Vincenzo De Luca come presidente della Regione Campania innesca l’ultima polemica interna al Partito democratico. «Il tema è legato a leggi che ci possono essere; e se ci sono, in democrazia, allora lo si può fare, poi sono i cittadini a decidere se uno può continuare a fare il presidente» ha detto il governatore dell’Emilia Romagna durante la chiusura della sua campagna elettorale a Città della Scienza a Napoli. Un endorsement piuttosto scontato visto che il figlio di De Luca, Piero, è il responsabile delle iniziative e del programma del Mezzogiorno della mozione Bonaccini.

A stretto giro risponde la Schlein dal palco dell’EcoTeatro di Milano: «Mi chiedo se sia questa l’idea di rinnovamento di Stefano Bonaccini. Nuovo gruppo dirigente e poi De Luca? Bene». Non è la prima volta che i due si punzecchiano sul tema. La gara a scrollarsi di dosso l’ombra dei vecchi big del partito è stata un tormentone di tutta la campagna elettorale. E a suo tempo Bonaccini accusò la sua competitor di aver fatto il pieno di «quei dirigenti che hanno governato il partito fino a questo momento portandolo a troppe sconfitte».

Ma chi sta con chi? Con la Schlein si sono schierati: l’ex ministro del lavoro Andrea Orlando, l’ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il leader di AreaDem Dario Franceschini, Roberto Speranza, il responsabile Enti Locali del partito Francesco Boccia, ma anche il vicesegretario Peppe Provenzano, le deputate Chiara Braga e Chiara Gribaudo. Con Stefano Bonaccini invece si sono schierati: la capogruppo al Senato Simona Malpezzi, la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, il capogruppo al Parlamento europeo Brando Benifei, la vicesegretaria Irene Tinagli, Piero Fassino e il leader di Base Riformista ed ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il senatore Marco Meloni, oltre a due componenti dell’attuale segreteria Dem Enrico Borghi e Sandra Zampa.

Con il governatore dell’Emilia Romagna si schierano anche gran parte dei sindaci e amministratori di area dem, dal sindaco di Firenze Dario Nardella al primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci, ma anche il governatore della Puglia Michele Emiliano e quello della Campania Vincenzo De Luca. A questi si è aggiunta anche Paola De Micheli, quarta classificata nei congressi dei circoli. Mentre Gianni Cuperlo, terzo classificato, non esprime ancora un’indicazione di voto ai suoi. Anche perché Cuperlo, a differenza della De Micheli, se dovesse decidere di non sostenere nessuno dei due candidati avrebbe diritto, come stabilito dallo statuto del Pd, a nominare alcuni componenti della nuova Assemblea nazionale.

«Ai candidati alla carica di Segretario nazionale non ammessi alla votazione - si legge nello Statuto del Pd - i quali rinuncino a sostenere altre candidature ammesse, è riconosciuto il diritto a nominare un numero di persone pari a due, di cui un uomo e una donna, per ogni punto percentuale di voti ottenuti, in occasione della consultazione preventiva tra gli iscritti, purché abbiano ottenuto un numero di voti pari almeno al cinque per cento di quelli validamente espressi». 

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