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Il Pd teme il terremoto dopo le primarie: il M5S può egemonizzare la sinistra

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Il M5S guarda alle primarie del Partito Democratico, un ‘osservatore’ attento perché i risultati potrebbero avere effetti non solo in casa dem. Che il clima sia di attesa si è capito già da un po’, lo ha ripetuto più volte il presidente del M5S Giuseppe Conte che, a domanda, ha sempre risposto che è un bene che si svolga il congresso e che «noi abbiamo bisogno di chiarezza». Lo ha detto anche Roberto Fico, che del M5S è membro del Comitato di garanzia: «Guardiamo con grande rispetto al congresso del Pd, poi quello che succederà succederà». Sul tavolo delle due opposizioni c’è non solo la possibilità di parlare nuovamente di alleanze guardando alle politiche, ma anche quella di uno spostamento degli elettori, quelli che non gradiranno il nome del nuovo/a segretario/a e che potrebbero quindi decidere di virare sul partito di Conte. Ipotesi, quest’ultima, non tanto peregrina. 

 

 

Il timore serpeggia tra i dem: per Andrea Orlando, «Schlein è più in grado di intercettare un pezzo di opinione pubblica che è molto perplessa e che rischia di esser contesa a sinistra dal M5S». Ufficialmente, i pentastellati non si pronunciano più di tanto: del non creare «accozzaglie» né «cartelli», elettorali il M5S ne ha fatto uno slogan, dalle politiche alle regionali. Esprimono «rispetto» per il percorso congressuale del Pd e il clima generale è di attesa. Ma l’attesa potrebbe essere davvero lunga, perché - dicono esponenti del Movimento - non basterà avere il nome del nuovo segretario del Pd, poi bisognerà aspettare e capire che succede. L’ipotesi che circola, dicono, è che un Bonaccini segretario vorrà coinvolgere Schlein «per sembrare inclusivo», ma poi bisognerà vedere a cosa porterà una mossa di questo tipo e se, come sospetta qualcuno, alla fine «si sbraneranno». 

 

 

Ma c’è tempo per osservare e capire come si muoveranno nel Pd, le scelte che faranno, l’identità che assumeranno, per poi valutare se sarà possibile un’alleanza. Tutto da verificare, ma il vero punto, dicono i grillini, «è Carlo Calenda»: un dialogo Pd-M5S potrebbe ripartire solo in assenza del leader di Azione, con il quale i margini di interlocuzione sono nulli.

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