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Roberta Angelilli rivolge un appello alla sinistra: gli anni bui non devono tornare

Dario Martini
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«Abbiamo lanciato un forte appello alla sinistra: è necessaria una condanna condivisa di ogni forma di violenza, senza mai dimenticare che abbiamo avuto una storia di dolore che deve far parte della memoria collettiva della nostra nazione». Roberta Angelilli chiede a tutti di «abbassare i toni», e lo fa dopo aver riportato la corona di fiori in memoria di Paolo Di Nella, il giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1983, che era stata incendiata da un gruppo di ragazzi incappucciati. Un gesto simbolico di «pacificazione», dal momento che insieme alla delegazione di Fratelli d’Italia era presente anche l’assessore alla Cultura del Comune di Roma Miguel Gotor. L’ex vicepresidente del Parlamento europeo, appena rieletta al Consiglio regionale del Lazio, dice di essere rimasta «molto scioccata dai fatti degli ultimi giorni», motivo per cui «bisogna riaffermare il principio per cui la politica deve essere impegno civile, passione ideale e mai demonizzazione dell’avversario».
Come giudica l’iniziativa della preside della scuola di Firenze che ha scritto una lettera ai suoi studenti sul rischio di un rigurgito fascista?
«La scuola, così come l’università, deve essere un luogo di confronto, di circolazione e di elaborazione delle idee. L’insegnamento, però, non deve mai diventare una sorta di manipolazione culturale.<ET>Chi insegna non può fare politica nel senso di esibizione ideologica».
La sinistra è insorta contro il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, proprio perché ha stigmatizzato l’iniziativa di quella professoressa...
«L’uso dell’insegnamento per una manipolazione ideologica, direi anche partitica, è inaccettabile. Io ho 58 anni, quando andavo al liceo alla fine degli anni ’70 e all’università all’inizio degli ’80, c’erano casi di questo tipo, con un utilizzo delle docenze assolutamente improprio della docenza. Un conto è il confronto, che è sempre auspicabile, un altro è inculcare idee o cercare di manipolare la conoscenza a fini politici».
Ritiene che ci sia il rischio di tornare a quegli anni?
«Sicuramente quegli anni non devono più tornare. Gli scontri violenti erano all’ordine del giorno. Il terrorismo era dilagante, attentati e omicidi quasi ogni giorno, ci sono state le stragi. Eravamo in presenza di uno scontro ideologico, una sorta di eredità della guerra civile italiana che non smetteva di creare divisioni, ostilità, e alla fine anche una scia di sangue interrotta. Io, ahimè, ho nella testa alcuni momenti drammatici. Insieme a centinaia di ragazzi come me, di fronte alla mia scuola, il Giulio Cesare, sono stata testimone di una sparatoria in cui rimase ucciso un poliziotto».
Lei l’aggressione politica l’ha vissuta in prima persona. Lo può ricordare?
«Andavo semplicemente a studiare, perché il mio impegno politico lo svolgevo fuori dall’università. Cercarono più volte di impedirmi di entrare. Prima con minacce e spintonamenti, poi con una vera aggressione fisica. Fu molto umiliante. Ma decisi di non farmi intimidire, andai a denunciare e tornai all’università. Non nascondo che ci furono momenti difficili, ma alla fine imposi la mia libertà di frequentare l’università da ragazza di destra. Ecco, l’episodio di quel video dove dei ragazzi incappucciati danno fuoco alla corona di fiori di Paolo Di Nella mi ha scioccato. Io Paolo lo conoscevo, aveva un anno più di me. Sono rimasta turbata, perché questi ragazzi che avranno una ventina d’anni sono andati ad incendiare una corona di fiori dedicata a un ragazzo morto quarant’anni fa che aveva vent’anni come loro. Come si può essere così freddi, cattivi e insensibili? Per questo era giusto fare qualcosa».
Cosa intende?
«Abbiamo deciso di andare a rimettere quei fiori al loro posto. Sia con il gruppo parlamentare di FdI, sia con il Comune di Roma a cui due giorni fa abbiamo lanciato un appello, chiedendo al sindaco di stigmatizzare e condannare in maniera chiara l’accaduto. Un appello per dire "mai più violenza", mai più a quegli atti che hanno portato al terrorismo, a tanti ragazzi morti sia di destra che di sinistra. Tra l’altro, quel viale a Villa Chigi fu intitolato a Di Nella da Veltroni, a dimostrazione che in passato ci sono stati tanti gesti di pacificazione per andare oltre quegli anni di sangue e ingiustizie».
Pensa che a sinistra si stia facendo abbastanza per abbassare i toni, quando poi a cortei come quello di Firenze vanno in scena minacce al premier Meloni e slogan inneggianti alle Foibe?
«Noi abbiamo fatto quest’appello così forte alla sinistra e chi rappresenta le istituzioni a sinistra perché fino a quando verranno derubricati ad incidenti di percorso, a fatti isolati compiuti da esaltati, non faremo mai passi in avanti. 
Nei confronti di Giorgia Meloni, ad esempio, ci sono stati tanti atti gravissimi e ripetuti nel tempo. Forse una condanna senza se e senza ma, anche da parte della sinistra, sarebbe necessaria, perché queste persone vanno isolate. Non possiamo ritornare alle vecchie categorie di amico e nemico. La violenza non ha mai giustificazioni. Anche le offese verbali, come quelle al premier, sono violenza. Le persone vanno rispettate. Poi mi lasci sottolineare ancora una cosa.
Prego.
«Quello che abbiamo fatto oggi assieme al Comune di Roma va in questa direzione. All’una e mezza abbiamo portato i fiori per Di Nella insieme con i rappresentanti capitolini, con l’assessore Gotor a nome del sindaco Gualtieri. Non mi stancherò mai di ripeterlo: mai più violenza, né con le parole, né con i gesti, né con le immagini».
 

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