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Primarie Pd, terrore a sinistra per la bassa affluenza

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L’asticella l’hanno fissata Stefano Bonaccini e Elly Schlein: almeno 1 milione di partecipanti alle primarie. È la ‘soglia psicologica’. A due giorni dai gazebo, tra i membri del Partito democratico si alternano le più disparate previsioni. C’è chi teme il flop e chi scommette che non sarà difficile superare il milione facendo un paragone con l’ultimo congresso: nel 2019 votarono circa 190mila iscritti nei congressi di circolo e furono 1 milione e 600mila i partecipanti alle primarie. Stavolta hanno votato poco più di 150mila iscritti: una contrazione ma non un crollo e questo potrebbe ripetersi nel voto delle primarie. Sono invece molto convinti, dalle parti di Schlein, che più alto sarà il numero ai gazebo, maggiori le possibilità per la candidata segreteria di recuperare il gap con Bonaccini di quasi 20 punti ai congressi di circolo: la mobilitazione dei non iscritti sarebbe il fattore chiave. Sull’altro fronte, quello del presidente dell’Emilia Romagna, la mettono in modo del tutto diverso: «Più ci sarà partecipazione, più verrà confermato il voto dei circoli. Gli iscritti al Pd non sono mica alieni...». 

 

 

Insomma, molte incognite. A cui si aggiungono previsioni di maltempo per domenica. A Roma c’è anche la giornata ecologica senza auto. Un esito possibile, a differenza delle primarie del passato dove c’era già un vincitore in partenza, stavolta le cose sono più sfumate e le distanze percentuali tra i candidati meno nette. Ne è certo il sondaggista Renato Mannheimer: «Le primarie si concluderanno con un 55% di voti a Bonaccini e un 45% a Schlein», dice all’Adnkronos. Nel caso in cui la previsione del sondaggista Mannheimer fosse realistica, quindi una vittoria di Bonaccini ma non schiacciante, da lunedì il dibattito degli ultimi giorni sul ‘ticket’ o comunque una collaborazione tra il presidente dell’Emilia Romagna e la sua sfidante Schlein, potrebbe diventare di stretta attualità. Già Bonaccini ha detto più volte che, se vincerà, chiederà una mano a Schlein, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli. I ruoli possono essere diversi: da incarichi nel Pd come il o la presidente del partito a quelli parlamentari. Le due attuali capigruppo, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, si sono schierate entrambe con Bonaccini. Nel caso diventi segretario è però difficile restino al loro posto, anche per dare un segnale di discontinuità, è il ragionamento che si fa tra i dem. 

 

 

Quale sarebbe dunque lo schema? In ambienti parlamentari Pd si fa notare che «lo schema potrebbe avere diverse varianti: entrambi i capigruppo di maggioranza o uno alla minoranza, specie se si trattasse di una vittoria stretta? E poi restiamo sulla linea Letta delle donne presidenti nei gruppi o si cambia?». Intanto oggi Enrico Letta ha fatto il suo ‘saluto’ da segretario del Pd e ha scelto di farlo manifestando solidarietà all’Ucraina a un anno dall’inizio della guerra. «Siamo qui all’ambasciata dell’Ucraina per riconfermare che siamo dalla parte del popolo ucraino contro l’aggressione della Russia, ci siamo stati fin dal primo giorno. Un anno fa eravamo qua, più tardi andremo a protestare davanti all’ambasciata russa. Il Pd - rivendica Letta - fin dall’inizio è stato il partito più coerente e lo sarà fino in fondo a sostegno del popolo ucraino in tutto quello che con i nostri alleati europei decideremo sia utile per aiutare l’Ucraina». Ai seggi delle primarie di domenica verranno esposte la bandiera della pace e quella ucraina.

 

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