Meloni, primi nodi dopo la vittoria. Dall'asse Macron-Scholz all'Ucraina
La tornata elettorale di Lazio e Lombardia ha fornito alcuni dati politici evidenti. Il governo passa senza scossoni il mini giro di boa dei cento giorni, con un ulteriore elemento di stabilità dovuto alla non mutazione di equilibri interni. Anzi, il buon risultato della Lega (considerando la lista del partito più quella di Attilio Fontana) in Lombardia, unito ad una tenuta del Lazio, di fatto allontana quel racconto virtuale della vigilia che preventivava scossoni sicuri alla leadership di Matteo Salvini da San Valentino in poi. Oltre a questo, le condizioni oltremodo difficili del centrosinistra consegnano al quadro un assunto: la vera opposizione è rappresentata dall’agenda. Che continua ad essere molto complessa, per via del quadro geopolitico molto complicato (ma non solo) e chiama i partiti di maggioranza, che su molti temi hanno sfumature culturali diverse, a trovare una sintesi. Tema che si poneva anche nella fase di avvio del governo, quando occorreva improntare una manovra in tempi brevissimi e le forze politiche che sostengono l’Esecutivo provenivano da una collocazione diversa nel governo Draghi.
Ora, i mesi che seguono presentano una serie di sfide di una certa complessità. A partire, sul piano internazionale e comunitario, dalla guerra in Ucraina e dalla riforma del Patto di stabilità. Sul primo punto, non c’è mai stata nessuna divaricazione concreta rispetto alla scelta di sostenere il Paese aggredito.
Tuttavia, non è un mistero che mentre Fratelli d’Italia, e il Presidente del Consiglio Meloni su tutti, rivendica una linea di totale aderenza a quella della Casa Bianca, da parte di Lega e Forza Italia spesso viene posto l’accento sulla necessità che l’Europa esperisca una trattativa politica per arrivare ad una tregua. Una dialettica che fin qui non ha portato mai a chissà quali scossoni (aparte i contenuti certe dichiarazioni di Silvio Berlusconi, di cui comunque è stato immediatamente rettificato il senso). Tuttavia, il pericolo di una nuova offensiva ordinata da Putin potrebbe chiamare ad ulteriori scelte rendendo più intense le differenziazioni rispetto ad uno scenario bellico che gli italiani vorrebbero finisse il prima possibile.
Poi c’è il versante comunitario, con la riforma del Patto di stabilità. Qui, il ritrovato (e molto tattico) asse franco-tedesco potrebbe mettere i bastoni tra le ruote ad un Paese ad alto debito come l’Italia in una fase nella quale la recessione è stata sventata, ma di sicuro per la nostra economia reale nuove strette sono assolutamente da evitare.
Sempre sul piano europeo, poi, c’è il dossier del fondo comune come strumento per fronteggiare i contraccolpi del mega-piano anti inflazione introdotto da Biden negli Stati Uniti. La pratica era sul tavolo nello scorso consiglio europeo, ma si procede con molta lentezza per via della perplessità dei paesi nordici e una proposta dovrebbe arrivare entro l’estate. Poi ci sono i dossier interni. Il passaggio parlamentare sul decreto carburanti potrebbe vedere una certa attività emendativa di Forza Italia, che sin dall’inizio del confronto sul provvedimento ha espresso perplessità su norme giudicate troppo restrittive per i distributori. Così come i partiti di maggioranza mostrano intensità diversa su questioni di giustizia. Ieri, per esempio, Lega e Forza Italia hanno sottolineato la necessità di legiferare sulla separazione delle carriere, mentre la linea di Fratelli d’Italia, pur non essendoci alcuna contrarietà all’obiettivo, è quella di inserire questa svolta all’interno di una riforma complessiva del processo penale. Ed è rimasto in sospeso, inoltre, lo spinoso tema dell’utilizzo delle intercettazioni. Questo, dunque, è il percorso che si stende innanzi al governo, al netto di imprevisti. Ma dagli scorsi mesi, e dal buon esito delle regionali, è arrivata una notazione molto chiara: rimanendo tutti ancorati al fondamento del progetto comune, trovando l’equilibrio nelle distinzioni senza sfociare nel controcanto, il livello dei consensi si mantiene alto.