Il nuovo Pd di Bonaccini vuole imbarcare tutti. Appello a Conte e Renzi: da soli non si vince
Destinazione sopravvivenza. Ad ogni costo, imbarcando chiunque. E poco importa se i programmi sono distanti, le idee spesso persino antitetiche o gli alleati mal si sopportano. La formula magica di Stefano Bonaccini per sconfiggere il centrodestra diventato maggioranza di governo è quella di tessere alleanze con la qualunque. Sinistra radicale, Verdi, Terzo Polo e Cinque Stelle. Tutti sono ben accetti. Ieri pomeriggio, l’attuale governatore dell’Emilia Romagna, dato come grande favorito alla successione di Enrico Letta, ha espresso un concetto chiaro e trasparente.
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«Le alleanze sono indispensabili e per vocazione maggioritaria intendo un partito che non deleghi i voti a sinistra ai Cinque Stelle e quelli moderati al Terzo Polo, ma che vuole persino riconquistare qualche voto dal centrodestra. Non possiamo bastarci da soli, se vogliamo tornare al governo del Paese, ma lo dico a Terzo Polo e ai Grillini: senza il Partito Democratico non ci sarà mai un’alternativa in grado di battere le destre».
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Lo stesso Bonaccini si è poi soffermato sulla necessità di un cambio radicale nella classe dirigente dei dem. «Su questa idea di cambiare il nome al Pd, che qualcuno ha proposto di sottoporre a referendum, io credo che noi abbiamo bisogno di parlare di sostanza. Quella parola democratico io la terrei molto viva. Enrico Berlinguer è un riferimento a casa mia. Ora vedo che anche Conte lo cita, ma vabbè.. e va bene anche quello. Non ho mai usato la parola rottamazione perché le persone non si rottamano e soprattutto perché non dobbiamo allontanare nessuno – ha sottolineato il modenese all’assemblea tenutasi ieri mattina al Lanificio di Pietralata, a Roma - Anzi. Ma per farlo, abbiamo bisogno di una classe dirigente che cambi».
A sentir parlare il cinquantaseienne viene subito in mente la massima più famosa del più importante libro scritto da Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo. «Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima». Perché, se è vero che è necessario un restyling totale al più importante partito della sinistra italiana, che ormai oscilla tristemente nei sondaggi tra il 13 e il 14,8%, è altrettanto evidente come vada aggiornata al presente la linea politica. Servono idee nuove, portate avanti con coraggio, a costo di scontentare qualcuno. Bonaccini, che invoca una piccola rivoluzione dei quadri dirigenti di Botteghe Oscure, in realtà riprende l'idea di Nicola Zingaretti sul campo progressista. Un politico esperto come il Presidente dell'Emilia non può non sapere che mai e poi mai Renzi e Calenda accetteranno un'alleanza che preveda l'inclusione di Conte e dei Cinque Stelle. E quando questa ovvietà verrà palesata, Bonaccini dovrà avere il coraggio di decidere se vuol spostare l'asse a sinistra, e quindi scegliere i Grillini o guardare con decisione al centro. Al Terzo Polo e magari ad una parte di Forza Italia.
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Critiche feroci ad un partito che non vuol cambiare pelle sono giunte ieri da una delle più lucide menti dell'universo progressista, Gianni Cuperlo. «Stefano Bonaccini è un amico e lo stimo. Ma alle sue spalle, come dietro a Elly, vedo ripararsi tutto il solito e inamovibile establishment. Mi riferisco a quei politici che hanno passato ogni temporale senza mai bagnarsi. E poi non credo al partito dei soli amministratori. Il doppio incarico, come ha dimostrato il caso Zingaretti, non funziona. Dobbiamo coinvolgere soprattutto gli amministrati. Il Pd va rifondato e aperto ai movimenti, alla società. Io votato alla sconfitta? No, ma questa volta la casa brucia, e ci sono battaglie che vale la pena combattere. Giuseppe Conte, sembra voler distruggere il Pd. Proprio come Renzi. Sono in questo congresso anche per aiutare a impedirlo. Carlo Calenda mi è simpatico. Ma nel Cuore girato da suo nonno, più della parte di Enrico Bottini, gli sarebbe piaciuta quella di Franti».