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Caso Cospito, Nordio in Senato: "Non ci pareremo dietro la magistratura"
Nessun passo indietro, nonostante la bufera in atto e l'apertura di un fascicolo da parte della procura di Roma a seguito dell'esposto presentato dal deputato di Avs, Angelo Bonelli. All'indomani delle rivelazioni nell'Aula della Camera di Giovanni Donzelli di conversazioni in carcere tra l'anarchico Alfredo Cospito e alcuni esponenti della 'ndrangheta e camorra, tutti in regime di 41 bis, né il deputato di Fdi né il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro - che ha fornito le informazioni al collega di partito - pensano di lasciare i rispettivi incarichi come richiesto a gran voce dalle opposizioni.
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Così mentre i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani si mostrano cauti sul tema ("non penso che si possano mettere in discussione incarichi così importanti per una polemica parlamentare di un pomeriggio" le parole del leader leghista, "c'è un giurì di onore che si occuperà della vicenda, non tocca a me occuparmene" quelle del coordinatore di FI), i due protagonisti tirano dritto. "Non ho intenzione di dimettermi", taglia corto Donzelli al termine di una riunione del Copasir, di cui è vicepresidente. Identica la posizione di Delmastro, che ricostruisce l'accaduto nei pressi di Montecitorio poco prima dell'informativa urgente del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sul caso Cospito: "Le informazioni fornite a Donzelli erano contenute in una informativa del Dap che riguardava le osservazioni in carcere, né intercettazioni né captazioni. Ho semplicemente risposto a un deputato, e lo avrei fatto anche con l'opposizione, su documenti non secretati".
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Insomma, per il sottosegretario il polverone che si è alzato è ingiustificato. Anche perché, "ho una sola certezza, che quei documenti non erano secretati quindi dalla relazione che farà Nordio emergerà quello, perché questa purtroppo, per chiunque in questo momento abbia agitato le acque torbide, è una verità incontrovertibile".
In realtà, alla Camera il Guardasigilli sembra prendere tempo anche se sul caso in questione spiega comunque che "sono state citate informazioni che attengono a circostanze avvenute nel regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis. È bene premettere che, in linea di principio, tutti gli atti riferibili ai detenuti in regime di 41-bis sono per loro natura sensibili, ragion per cui, ai fini della loro ostensione, occorre una preventiva verifica e una valutazione del loro contenuto. Bisogna comprendere di che tipo di atti si tratti, quale livello di segretezza essi abbiano, se e chi potesse averne conoscenza e se il destinatario potesse a sua volta divulgarli o condividerli con terzi".
Il ministro perciò ricorda di aver già chiesto ieri "al mio capo di gabinetto di ricostruire quanto è accaduto. Questi quesiti attengono ad una materia complessa, delicata, suscettibile per alcuni aspetti di diverse interpretazioni". Inoltre, si è aggiunta anche l'indagine aperta dalla procura di Roma, "un elemento di novità, di cui a questo punto, per il doveroso rispetto del lavoro degli inquirenti, non possiamo non tenere conto". Il ministro poi al Senato chiarisce che "non ci pareremo dietro la magistratura di Roma, non troveremo l'alibi dell'esistenza di questa eventuale inchiesta per dire che ce ne laviamo le mani e risponderemo solo all'esito dell'inchiesta. Ci sono però dei limiti procedurali che vanno rispettati ed è per questo che risponderemo quando avremo terminato questa istruttoria".
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Ad attaccare compatte sono però le opposizioni, con Pd e M5s in prima linea a chiedere a Nordio di revocare le deleghe a Delmastro e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di prendere ufficialmente posizione. "Il vice di Nordio alla Giustizia viola il segreto, passa informazioni riservate su cosa dicono i mafiosi che sono sotto 41 bis al vicepresidente del Copasir che le usa per infangare l'opposizione. Tre motivi, ognuno sufficiente perché Donzelli e Delmastro lascino. #NonMolliamo", scrive su Twitter il segretario dem Enrico Letta, mentre anche Matteo Renzi mette la premier nel mirino: "Ha ragione chi chiama in causa la presidente del Consiglio. Fino ad oggi Meloni è stata brava a far capire che le difficoltà interne alla propria maggioranza derivavano dai propri alleati, stavolta il problema è tra il ministro della Giustizia, eletto con Fratelli d'Italia, e due colonne di FdI che dicono esattamente il contrario di quello che il ministro ha detto fino ad oggi. Questo è un punto politico, voi della maggioranza questo tema prima o poi dovrete scioglierlo".