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Intercettazioni, i giustizialisti tornano in trincea

Tommaso Carta
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Una levata di scudi in piena regola. Che rievoca la lunga stagione dello scontro frontale tra politica e magistratura. È bastato che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ribadisse la volontà di rivedere il sistema delle intercettazioni - non certo per contrastarne l’uso, semmai l’abuso - per far scattare l’immediato alt delle forze politiche più vicine alle toghe, dal Pd ai Cinquestelle. È bastato, poi, che il Guardasigilli ricordasse le storture derivate dall’eccessiva accondiscendenza delle procure nei confronti dei teoremi di alcuni pubblici ministeri - citando il caso dei sospetti e delle indagini su protagonisti della lotta alla mafia come Mori, Subranni e De Donno - per trasformare le prime proteste in una vera e propria mobilitazione che riecheggia il famigerato «resistere, resistere, resistere» di Francesco Borrelli.

L’escalation della rivolta anti-garantista ha trovato immediatamente spazio sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, che ieri ha lanciato una raccolta firme contro «questo ministro della Giustizia imbarazzante», superando nel tardo pomeriggio di ieri le trentamila sottoscrizioni. Poi la parola è massata a pm ed ex toghe. Come Nino Di Matteo, massimo teorico della trattativa Stato-mafia, che ha usato parole pesantissime: «Non si può sostenere che ci sia stato un Parlamento supino ai magistrati antimafia, ma piuttosto che troppe volte non si è voluto ascoltare il loro parere e il loro pensiero». Luigi De Magistris, stabilmente in politica dopo un passato nelle aule dei tribunali, ci è andato giù ancora più duro: «Le gravi dichiarazioni del ministro Nordio contro i pm e a difesa di alcuni alti ufficiali dei carabinieri coinvolti in gravi fatti giudiziari, consolidano il pensiero che politicamente siamo alla fine della trattativa e alla legittimazione della convivenza della mafia con lo Stato».

Per completezza, durante la sua relazione alla Camera sull’amministrazione della Giustizia, il ministro aveva semplicemente ricordato la necessità di non calare l’oblio sulle conseguenze degli errori giudiziari, citando il caso di Mario Mori: «Vorrei ricordare che il comandante generale dei Ros, che praticamente è quello che ha fondato questo organismo che funziona così bene, è stato sottoposto per 17 anni a un processo penale nel quale è stato assolto alla fine con formula piena, con una carriera rovinata e sembra che nessuno lo abbia risarcito». Parole, che oltre a raccogliere il plauso del centrodestra, erano state salutate con gratitudine dallo stesso Mori: «Considero le parole di Nordio un riconoscimento rivolto ai tanti operatori delle forze di polizia che in silenzio e senza le possibilità che io ho avuto di difendermi, hanno dovuto subire critiche ingiuste».

 

 

 

 

La levata di scudi non sembra, al momento, impensierire il governo, che ieri, con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, ha annunciato una stretta anche sulla pubblicazione sui giornali delle intercettazioni. L’obiettivo è colpire, prevedendo sanzioni ad hoc, chi pubblica intercettazioni «irrilevanti». Nessun intervento sullo strumento d’indagine, ma lo scopo è limitare gli abusi, eliminare gli «ascolti» che rientrano nella sfera del «gossip», rendere la pubblicazione un illecito civile. Sul tema ci sono sensibilità diverse anche in maggioranza, ma dall’opposizione il Terzo polo è pronto a tendere una mano al governo: «Siamo dalla parte di Nordio con forza, ne sosteniamo le idee e le linee programmatiche che tradurremo, nero su bianco, in proposte di legge», ha annunciato Enrico Costa di Azione.

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