Metropol, Salvini non ha preso un rublo. Crolla il teorema della sinistra
Tanto rumore per nulla. Tre anni di un'autentica gogna mediatica, di accuse altisonanti, di ricostruzioni fantasiose. Tra chi era convinto vi fosse stata una mega tangente, chi puntava il dito e cianciava addirittura di alto tradimento e chi bollava una valutazione meramente politica, su un tema delicato come l'invio di armi in zona di guerra, come un'azione spinta solo dal mero opportunismo. Ieri l'Italia ha scoperto che tutte queste calunnie altro non erano che insinuazioni prive di una base giuridica solida. Nessun finanziamento illecito per la Lega. È quanto emerge nell'inchiesta Metropol, per la quale la Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione nei confronti degli indagati.
Dall'attività è emerso, sulla base di email, foto, messaggi, tabulati telefonici che il gruppo formato da Gianluca Savoini, Francesco Vannucci e Gianluca Meranda «si sia attivato, soprattutto nella seconda metà del 2018, allo scopo di concludere transazioni commerciali con fornitori russi di prodotti petroliferi con l'obiettivo di stornare da dette transazioni ingenti somme di denaro da destinare principalmente al finanziamento del partito politico Lega per Salvini premier, con particolare finalizzazione agli impegni per le elezioni del 2019». Per il perfezionamento dell'accordo sono stati tenuti numerosi incontri tra le persone interessate «(circa 40 in poco più di un anno) e i mediatori italiani, in testa Savoini hanno effettuato vari viaggi a Mosca per incontrare le controparti», si legge nel documento della Procura, reso noto dall'agenzia di stampa AdnKronos.
Nel corso dell'incontro all'hotel Metropol «veniva in esordio ribadita da Savoini la base politica dell'operazione e veniva anche chiarita la possibile entità e la destinazione delle commissioni, parte alla Lega e tutto il resto, ciò che fosse above 4%, come si dice nella discussione al Metropol, a disposizione dei mediatori russi».
I fondi russi alla Lega? Tutto un falso. La mossa della Procura, esulta Salvini
In assenza di elementi che abbiano permesso di arrivare all'identità dei destinatari delle somme, derivanti dalla transazione petrolifera, e al ruolo pubblico dei beneficiari, la contestazione «non pare in concreto configurabile in ordine alla residua possibilità di contestare al partito della Lega l'ipotesi di tentato finanziamento illecito, che le condotte emerse non hanno raggiunto connotati di concretezza ed effettività idonei a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo».
Quindi, dopo ben tre anni e mezzo (che in politica sono un'era geologica) la Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione per Gianluca Savoini, fondatore dell'associazione Lombardia-Russia, l'avvocato d'affari Gianluca Meranda e l'ex bancario Francesco Vannucci, indagati per corruzione internazionale. Un reato molto grave.
La tesi accusatoria si basava su un assunto evidentemente privo di elementi di prova concreti: secondo la Procura, si sarebbe trattato di un'operazione sospetta di corruzione legata all'importazione in Italia di una grande quantità di petrolio che avrebbe dovrebbe far affluire sessantacinque milioni di dollari nelle casse della Lega e permettere così al Carroccio di affrontare la campagna elettorale delle ultime europee.
«Non sono emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega Matteo Salvini abbia personalmente partecipato alla trattativa o comunque abbia fornito un contributo causale alla stessa - si legge nella richiesta con cui la Procura ha chiesto l'archiviazione - Così come non è stato acquisito alcun elemento indicativo del fatto che egli fosse stato eventualmente messo al corrente del proposito di destinare una quota parte della somma ricavata dalla transazione ai mediatori russi perché remunerassero pubblici ufficiali russi. Proprio per tali ragioni - si evidenzia - non si è proceduto ad iscrizione a suo carico di notizia di reato e nessuna attività d'indagine è stata svolta nei suoi confronti».