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Pd, Bonaccini resuscita D'Alema e Bersani: svolta a sinistra perché teme la scissione

Porte aperte a D'Alema, Bersani e agli elettori di Articolo Uno. E un sì convinto all'alleanza con il Movimento 5 stelle, a patto che avvenga da una posizione di forza. È il succo dell'intervista concessa ieri da Stefano Bonaccini a «La Stampa». Un colloquio nel quale il governatore dell'Emilia Romagna, candidato alla guida del Pd per il dopo Letta, cerca di «coprirsi» a sinistra. «Bersani e D'Alema? Porte aperte a tutti, a chiunque voglia rientrare» spiega Bonaccini. «Dobbiamo riscoprire la vocazione maggioritaria che è il contrario dell'autosufficienza - aggiunge - le alleanze sono indispensabili, ma o le fai da una posizione di forza oppure viene a mancare la ragione stessa della nostra esistenza: perché noi siamo nati per essere un grande partito, non un partito irrilevante».

 

  

L'obiettivo, come detto, è quello di scrollarsi di dosso l'etichetta di «nuovo Renzi» che alcune aree del Pd stanno provando ad affibiargli. Non ultimo l'ex ministro Andrea Orlando: «Spero nell'affermazione di candidati in grado di evitare il ritorno a un'impostazione che abbiamo combattuto in questi anni: la deriva centrista e moderata non è ciò che ci serve e ci espone all'Opa del M5s». E ancora: «Dispiace che Bonaccini continui a usare toni più aspri con i compagni di partito, con i quali ha condiviso molte scelte in questi anni, invece di prendersela con Meloni e Salvini».

 

Così il governatore emiliano passa al contrattatto, anche per evitare che una sua vittoria possa dare vita all'ennesima scissione. Eventualità che tutti negano («Non c'è nessun rischio, il partito resterà unito» ha garantito ieri la sua sfidante Elly Schlein) ma che in realtà continua ad aleggiare minacciosa sul Nazareno.

Il problema è che il tentativo di Bonaccini di non scontentare l'ala massimalista del partito finisce con l'irritare i suoi potenziali alleati riformisti. È il caso di Carlo Calenda, alle prese con il progetto di partito unico con Matteo Renzi, che commenta causticamente le parole del candidato alla segreteria Dem: «Bersani, D'Alema, M5S, De Luca e Emiliano. L'involuzione di Bonaccini verso il "fritto misto populista", è un problema per tutti i riformisti perché riduce la possibilità di alleanze a zero. Occorre procedere spediti verso la costruzione del partito unico libdem» scrive su Twitter il leader di Azione. Cui risponde prontamente lo stesso Bonaccini: «Caro Carlo, leggi il pezzo per intero invece del titolo. Oppure visto che ti interessa tanto occuparti del Pd prenditi mezz' ora, vienimi ad ascoltare alla prossima iniziativa, così giudicherai ciò che dico, non ciò che titolano». Il tema della partecipazione al congresso degli «scissionisti» di Articolo Uno resta comunque piuttosto divisivo all'interno della comunità Dem. Il progetto di «reunion» era stato avviato da Enrico Letta con il percorso delle «Agorà democratiche».

 

Poi le elezioni anticipate e le successive dimissioni del segretario hanno interrotto il progetto e riaperto la querelle. Che ha investito anche il lungo dibattito sulle regole congressuali. Alla fine la mediazione individuata prevede che i 13 mila iscritti ad Articolo 1 potranno presentarsi nelle sezioni dem e votare, senza essersi iscritti al Pd e senza aver pagato la relativa quota. I cinquantamila iscritti al Pd, invece, avranno dovuto sottoscrivere la loro tessera al «modico» prezzo di 27 euro. Agli ex sufficienti sarà sufficiente sottoscrivere un impegno a sottoscrivere la tessera Pd quando si aprirà la nuova campagna di iscrizione, a congresso concluso. Difficile lo facciano realmente, se non vincerà il candidato «gradito». L'ennesimo paradosso di una competizione in cui, più che di programmi, si parla di cavilli.