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Regionali Lazio, i big non vogliono candidarsi: fuga dal Pd dilaniato dalle correnti

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Daniele Di Mario e Martina Zanchi
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Alessio D'Amato è un uomo (quasi) solo. Nel Pd in pochi credono alle sue reali chance di vittoria alle elezioni regionali dei prossimi 12 e 13 febbraio. Nel suo comitato elettorale pare non si respiri grande entusiasmo e, soprattutto, i dirigenti democratici dimostrano nei fatti di non farsi troppe illusioni sull'esito del voto. Tanto che molti big hanno deciso o stanno decidendo di non ricandidarsi. Mauro Buschini è stato eletto alla presidenza dell'Egato di Frosinone (ente che gestisce il ciclo dei rifiuti) e non sarà della partita: sosterrà il presidente della provincia Pompeo.

Anche Marco Vincenzi, presidente del Consiglio regionale, non si ricandiderà. Doveva essere eletto anche lui alla presidenza di un Egato (quello della provincia di Roma), prima che le polemiche scatenate dal centrodestra per le nomine last-minute non suggerissero al vicepresidente Daniele Leodori di bloccare tutto. Risultato: rottura politica tra Leodori e Vincenzi, con quest'ultimo pronto a sostenere i consiglieri regionali del sindaco di Roma Roberto Gualtieri e del deputato Claudio Mancini, Mario Ciarla ed Eleonora Mattia, anziché lo zingarettiano Massimiliano Valeriani (assessore ai Rifiuti uscente) e la astorriana Michela Cali fano. Una scelta che spalancherà le porte a Vincenzi della vice presidenza del Giubileo, incarico gratuito: il presidente della Pisana ha già chiarito che tornerà a fare il medico. Ma il Pd dovrà fare inevitabilmente a meno di parte delle sue preferenze . Idem per Marta Leonori, anche lei non dovrebbe ricandidarsi. Defezioni che starebbero rendendo difficoltosa la chiusura della lista Pd di Roma e provincia.

 

C'è poi il tema delle tensioni interne a un partito diviso a livello locale dopo il cattivo risultato nel Lazio alle elezioni politiche del 25 settembre scorso e da mesi in fibrillazione per il congresso ormai alle porte, fibrillazioni che si ripercuotono su Roma. Come dimostra la spaccatura da Gualtieri e il gruppo manciniano (sostenitore di D'Amato) da un lato e AreaDem e zingarettiani dall'altra. Claudio Velardi, spin doctor del candidato governatore del centrosinistra, l'altro giorno su Twitter è stato chia ro: «D'Amato è un ottimo candidato, competente, concreto e tenace ma nel suo partito molti gli fanno la guerra, perché vogliono perdere».

 

Una faida da cui none esce indenne il Campidoglio, dove è in in corso il tentativo di ricucire i rapporti tra il sindaco Roberto Gualtieri e il gruppo del Pd capitolino, in particolare con l'ala zingarettiana e la componente di Area dem che insieme contano dodici consiglieri su 18, dopo le frizioni scaturite dalle recenti nomine del primo cittadino in ottica elezioni regionali. E ora, prendendo atto del malumore che serpeggia in maggioranza e che i dodici hanno minacciato di far esplodere in Aula Giulio Cesare, Gualtieri ha accettato di partecipare alla prossima riunione del gruppo, purché siano presenti tutti e diciotto idem. Il primo cittadino non ha gradito affatto la presa di posizione dei consiglieri «rivoltosi», finita sulle pagine dei quotidiani romani, contro quella che qualcuno tra i più critici della compagine ha definito «l'occupazione militare del Campidoglio» in favore della corrente manciniana che sostiene il ticket Mario Ciarla-Eleonora Mattia.

Al sindaco si chiederà di chiarire il motivo dei recenti incarichi negli organi di supporto politico. Alcuni sono stati già affidati, come quello di Patrizia Prestipino in Città Metropolitana, altri ancora non sono stati formalizzati, ad esempio il passaggio del presidente del Consiglio regionale, Marco Vincenzi, alla vicedirezione del comitato organizzatore del Giubileo 2025. Sabato è stato proprio Vincenzi, peraltro, a confermare di aver ricevuto la proposta da Gualtieri, precisando che si metterà a disposizione della Capitale a titolo gratuito.

 

Sul Campidoglio, intanto, iniziano a spirare venti di rimpasto. Se il Lazio dovesse virare a destra e Roma Capitale restasse l'ultimo baluardo di centrosinistra nel Lazio - è il ragionamento di chi in maggioranza accarezza l'idea di cambi in giunta dopo le regionali- allora la squadra di Gualtieri deve essere la migliore possibile, in grado di portare risultati sfruttando la straordinaria fase storica che vede la Città eterna al centro di importanti flussi di finanziamento. Il Giubileo, il Pnrr e la possibilità di ospitare l'edizione di Expo 2030. Per questo prosegue l'analisi interna - potrebbe essere necessario spostare alcune pedine considerate più deboli. A partire dall'assessorato ai Servizi sociali retto da Barbara Funari (in quota Demos di Paolo Ciani, che dall'Assemblea capitolina passa a Montecitorio), che in questi giorni, dopo l'ennesima sassaiola partita dal campo nomadi di via Candoni contro gli autobus dell'Atac, ha dovuto incassare il fuoco amico del «collega» Eugenio Patanè, delegato ai Trasporti. Il tutto comunque, si deciderà di fronte all'esito delle elezioni nel Lazio e in base a quale corrente prevarrà in un Partito Democratico che, a un mese dal voto, sta cercando di evitare il tracollo totale. In città intanto i rumor suggeriscono che un primo tentativo di distendere gli animi sarà un'iniziativa politica a cui, tra qualche giorno, parteciperanno sia Massimiliano Valeriani, assessore regionale ai Rifiuti, che il sindaco Gualtieri. Ma la resa dei conti vera ci sarà dopo le elezioni regionali, con il congresso nazionale e, soprattutto, quello romano e laziale.

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