sinistra in tilt
Pd, altra porta in faccia. Bonaccini: alleanze con M5s. Ma da Conte è gelo
Nessuna preclusione sulle alleanze con il Terzo polo o con il M5S. Stefano Bonaccini apre a possibili, futuri accordi con le altre forze politiche ma avverte che il Pd non dovrà agire su questo fronte «in condizioni di debolezza e di subalternità». Il candidato alla segreteria dem, ieri a Bari e a Matera in vista del congresso che dovrà eleggere il successore di Enrico Letta, chiarisce che le alleanze «non si fanno a tavolino per battere gli avversari, ma sui programmi» e invita i 5 Stelle, «che si occupano molto di noi», a occuparsi «un po' di più di fare opposizione al governo Meloni».
Il presidente della Regione Emilia Romagna delinea il partito che vorrebbe guidare: un partito «popolare, che sta di più tra le persone, dove la gente lavora, fa impresa, studia, si cura e si diverte, anche. Che parta dai territori, troppo lasciati da soli in questi anni». Il voto elettronico da affiancare a quello nei gazebo come propone Elly Schlein? «Preferisco occuparmi di Salario minimo - risponde di sanità pubblica che viene tagliata, di scuola e di ambiente». La discussione sulle regole, afferma, appassiona solo «la cerchia dei gruppi dirigenti».
Una regola che vorrebbe modificare però c'è e riguarda l'organizzazione dei futuri congressi. «Metterci 5 o 6 mesi per fare un congresso - scandisce - è roba da marziani non da gente che vive nel mondo reale. Se diventerò segretario, questa è una delle cose che dovremo cambiare». Tornando al suo progetto, Bonaccini garantisce che il Pd non tornerà «più al governo se non vincerà le elezioni». «Abbiamo pagato l'essere stati quasi interrottamente gli ultimi 11 anni al governo del Paese pur non vincendo mai o addirittura perdendo - riconosce - Lo abbiamo fatto per responsabilità, certo, ma è un prezzo che abbiamo pagato duramente».
Dalla sponda M5s, le parole del candidato dem non vengono accolte con entusiasmo. La distanza sarà difficilmente colmabile se «si continua a puntare sugli inceneritori», come avviene nel Lazio, dicono i referenti M5s per la regione Emilia-Romagna, Marco Croatti e Gabriele Lanzi. «Le alleanze - proseguono - si fanno sui programmi? Ci hanno messo tanto, ma finalmente c'è qualcuno nel Pd che la pensa come noi. Forse però in una fase congressuale, sarebbe opportuno un confronto con altri esponenti del suo partito, ad esempio con D'Amato che invece nel Lazio ha chiesto una convergenza sul proprio nome, disinteressandosi della comunanza dei programmi», insistono chiedendo al Pd di fare «chiarezza al proprio interno».