Piantedosi avverte la Ue: "Sicilia e Calabria non siano il campo profughi d'Europa"
Mentre Giorgia Meloni incontra Ursula von der Leyen a Roma per discutere di come far progredire a livello europeo un "Patto sui migranti", il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ad Agrigento, dove si trova per presiedere il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, avvisa la Ue: "Sicilia e Calabria non devono essere il campo profughi per l'intera Europa".
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Piantedosi affronta anche il tema del ricollocamento dei migranti, non solo tra i vari Stati europei, ma anche sul territorio italiano: "È giusto creare la ridistribuzione se possibile a livello nazionale, se si guarda la mappa dei porti assegnati a oggi, si vedrà che c’è stata una equa distribuzione. Il nostro compito principale è sgravare Sicilia e Calabria". Il ministro entra ancora più nello specifico: "Se si fa la mappatura cromatica dei porti che abbiamo indicato da quando siamo in carica, si vede che c’è stata una equa distribuzione - dice - questa è unicamente la ragione della scelta degli altri luoghi di possibili sbarchi, per sgravare il più possibile la Sicilia e la Calabria". Queste parole sono la diretta risposta alle proteste del Pd che ha accusato il Viminale di mandare i migranti a bordo delle Ong solo nei porti delle città amministrate dalla sinistra.
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Il ministro dell’Interno sottolinea anche che il governo, "supportato dal coordinamento del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri", ha avviato "dei rapporti telefonici molto proficui con tutti gli interlocutori possibili dei vari corridoi" a livello internazionale. E annuncia: "Il prossimo 16 gennaio andrò in Turchia per incontrare il mio omologo. Molto probabilmente, a ruota toccherà alla Tunisia, con il mio omologo tunisino ho avuto già ripetuti scambi telefonici e ci vedremo a breve. C’è anche il tema della Libia da riprendere e va oltre i problemi immigratori e su questo vi porto la testimonianza di un impegno diretto del presidente del Consiglio dei ministri e del ministro degli Esteri entro i quali collocare i rapporti di collaborazione. Con la Libia, a livello tecnico-operativo, abbiamo già ripreso un dialogo di cooperazione operativa". E conclude: "Dobbiamo provare a tradurre in linee d’azione il contrasto di questo fenomeno, parlando dello sfruttamento che c’è dietro il fenomeno migratorio. C’è una umanità dolente e sofferente".
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