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Pd senza pace e fuori dalla realtà: la data delle primarie slitta ancora

Christian Campigli
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Tempi biblici. Da liturgia elefantiaca. Accettabile negli anni Sessanta, fuori dalla storia e dalla realtà se riproposti oggigiorno. Una distanza siderale dalla peggiore sconfitta elettorale di sempre, quella datata 25 settembre. E dal proprio elettorato, smarrito e ostile ad una linea politica antiquata e priva di mordente. Un'interminabile attesa, che potrebbe persino allungarsi. La prossima settimana, verosimilmente martedì 10 gennaio o, al massimo il giorno seguente (ancora non c'è la convocazione), si riunirà la direzione del Partito Democratico. L'assise, che era già prevista e aveva all'ordine del giorno questioni legate al regolamento congressuale, dovrà anche stabilire la nuova - ulteriore - data per le primarie.

 

In queste ore, come conferma l'agenzia di stampa AdnKronos, si è chiuso l'accordo tra i candidati alla segreteria per spostare i gazebo di una settimana. Dopo una lunga trattativa, ha aderito alla proposta del rinvio anche l'area Bonaccini, la meno entusiasta di slittamenti. Ma di fronte alla richiesta dei territori in cui si vota, in particolare Lazio e Lombardia, di non sovrapporre regionali e primarie, si sarebbe arrivati alla decisione condivisa di distanziare un po' i due appuntamenti. “Assolutamente accettabile”, dicono in un linguaggio da Prima Repubblica le varie fazioni del principale movimento di sinistra italiano.

 

In realtà, il nodo delle primarie e la concomitanza con le regionali era stato già sollevato nei giorni scorsi con la reazione gelida del fronte che sostiene il presidente dell'Emilia Romagna e del Nazareno, che confermava quanto deciso. “Per il segretario Letta la data per le primarie resta quella del 19 febbraio in linea con quanto già deciso. Eventualmente sarà la direzione della prossima settimana a valutare la richiesta dei candidati”. Un rinvio che rischia di incidere, se i sondaggi delle regionali saranno confermati, sulla scelta del prossimo segretario. Chiunque sarà l'erede di Letta, dovrà scalare una montagna altissima. Per creare nuovamente entusiasmo tra gli elettori e portare il Partito Democratico dal 1960 al 2023.

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