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Conte archivia la beneficenza, servono fondi: soldi dei parlamentari (quasi) tutti al M5S

Gaetano Mineo
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Un Movimento 5 Stelle sempre meno movimento e sempre più partito del leader. Quindi, una struttura che ha bisogno maggiormente di fare cassa per pagare affitti, stipendi, viaggi, pernottamenti e campagne elettorali. E così si va verso l'abbattimento dell'ultimo baluardo grillino: meno soldi in beneficenza per dare più soldi al partito. D'altronde, c'è da pagare 300mila euro l'anno a Beppe Grillo in qualità di comunicatore. Come anche i futuri stipendi dei big usciti dal Parlamento, da Paola Taverna a Vito Crimi, in odore di assunzione. L'ennesima rivoluzione contiana è pronta ad essere sottoposta al voto della Rete ma non senza malumori da parte di alcuni esponenti pentastellati. In pratica, è stato riscritto il regolamento sul trattamento economico degli eletti dove vengono rimodulate le quote destinate al Movimento e quelle destinate a fini sociali. In soldoni, dei 2.500 euro restituiti dei parlamentari, 2.000 andranno al partito, mentre soltanto 500 finiranno alla collettività, come anticipa l'AdnKronos. Attualmente, tutti 2.500 vanno in beneficenza.

 

 

Non solo, i parlamentari potranno trattenere soltanto il 25% di ogni eventuale indennità o rimborso in relazione ad ulteriori cariche assunte mentre la restante parte (75%) andrà sempre al partito. Un bel cambio di passo se si pensa che fino alla scorsa legislatura le indennità aggiuntive erano restituite per intero per fare beneficenza. Novità anche per l'assegno di fine mandato, che gli ex parlamentari dovrebbero aver ricevuto proprio in questi giorni e che, stando alle vecchie regole, avrebbero dovuto restituire quasi per intero (due terzi). Si tratta della liquidazione di circa 44mila euro per legislatura che, per le regole del M5S, i deputati e senatori avrebbero reso alla comunità. Ora, però, si cambia: stando alla bozza del nuovo regolamento, l'assegno di fine mandato resterà per l'80% nelle tasche degli ex, il restante 20%, finirà nelle casse del partito per le spese di funzionamento. Una clausola finale prevede, per gli ex iscritti (è il caso di Luigi Di Maio e i parlamentari che lo hanno seguito nella scissione di Impegno civico), l'applicazione del regolamento del 2011 che fissa a 15mila euro l'indennità massima del trattamento di fine mandato.

 

 

Le nuove regole sono state sottoposte al comitato di garanzia pentastellato, composto da Roberto Fico, Laura Bottici e Virginia Raggi. Tuttavia, l'ex sindaca di Roma, si sarebbe messa di traverso, perché contraria a diversi cambiamenti, non ultimo quello sull'assegno di fine mandato per i parlamentari uscenti, la cui restituzione è stata a lungo un fiore all'occhiello del M5S. Poi la questione non sarebbe stata più affrontata in sede di comitato di garanzia, dove due membri su tre - ovvero Fico e Bottici - sarebbero per altro in potenziale conflitto di interesse sulla regola sul tfr, proprio in quanto uscenti. Forse anche per questo, i vertici del Movimento avrebbero deciso di imboccare un'altra strada, sottoponendo la questione alla Rete lasciando che sia la base del partito a dire l'ultima parola. Scelta che, sulle regole in materia di restituzioni, non ha precedenti. Come dire, basta raggiungere l'obiettivo, la regola poi si crea.

 

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