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Regionali Lazio, D'Amato resta senza sinistra. Anche i sindacati voltano le spalle

Daniele Di Mario
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Per un mese è stato l'unico candidato alla presidenza della Regione Lazio. Finirà di esserlo oggi, quando il centrodestra ufficializzerà il proprio nome. Ma Alessio D'Amato non ha praticamente fatto campagna elettorale. All'indomani della sua designazione, anziché sfruttare il fatto che il campo avversario fosse ancora vuoto, l'assessore regionale alla Sanità ha dovuto intavolare lunghissime riunioni di coalizione, congelando il tavolo per le pressanti richieste degli alleati di riaprire il dialogo con il M5S. Missione fallita. Giuseppe Conte ha spiegato più volte-l'ultima sabato - che nel Lazio non si alleerà con il Pd e il Terzo polo.

 

Anche la manifestazione con cui Enrico Letta ha presentato D'Amato e il candidato in Lombardia Majorino si è rivelata un flop clamoroso. In piazza Santi Apostoli sabato si doveva contestare la manovra del governo, ma sono arrivate poche centinaia di persone. Contemporaneamente, Giorgia Meloni faceva il pienone in piazza del Popolo.

Un autogol per i Democratici e un campanello d'allarme anche per il candidato governatore del Lazio, che ha potuto toccare con mano tutta la debolezza del Pd, scaricato anche dai sindacati. La Cisl non ha partecipato alla mobilitazione contro la legge di Bilancio. Il segretario della Cgil Landini da tempo dialoga con il leader M5S Giuseppe Conte e anche la Uil, come la Cgil, non risparmia durissime critiche al Nazareno, ma anche al sindaco di Roma Roberto Gualtieri e all'amministrazione regionale uscente targata Pd.

Il Pd e D'Amato, insomma, perdono tanto i sindacati quanto la sinistra. E questo si ripercuote anche sulle alleanze invista delle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio prossimi. Da giorni ormai nel Lazio si è consumato il divorzio tra i Verdi di Angelo Bonelli e Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni. Il primo con D'Amato, il secondo con Conte. Una separazione «solo a livello regionale» che non pregiudica il progetto politico nazionale. Si vedrà.

 

Difficile anche il rapporto tra D'Amato e Sinistra Civica Ecologista. Il candidato governatore ha proposto all'eurodeputato Massimiliano Smeriglio il ruolo di presidente o coordinatore del comitato elettorale. Un'offerta rifiutata con garbo. Sinistra Civica Ecologista preferirebbe portare avanti in campagna elettorale alcuni temi programmatici qualificanti, come il reddito di cittadinanza su base regionale o l'economica circolare. Il Pd invece finora insiste soprattutto sul tema del termovalorizzatore, oggetto anche di alcuni manifesti elettorali apparsi negli ultimi giorni nella Capitale. I Dem insomma sembrano aver scelto altri temi e, senza adeguate garanzie sulla valorizzazione della sinistra, dei suoi valori e dei suoi programmi, ipotizzare un accordo tra D'Amato e Sce appare complicato. Non è detto che alla fine l'intesa non si trovi, ma su Smeriglio sarebbero fortissime anche le pressioni di Giuseppe Conte in persona.

«Non abbiamo deciso nulla, non c'è alcun matrimonio immediato», aveva spiegato Andrea Catarci, esponente di Sce e assessore capitolino, dopo l'incontro con il candidato presidente di venerdì scorso. «Ci sono tanti punti comuni che ci lasciano ben sperare di poter approfondire e poter svolgere un ruolo importante come Sinistra civica ecologista. Abbiamo trovato ampio riscontro sui nostri 10 punti programmatici. Continuiamo a chiedere di allargare la coalizione ad oltranza.

 

Anche rispetto ai 5 Stelle bisogna continuare un'offensiva unitaria soprattutto da parte del candidato», spiegava Catarci. D'Amato dovrà sicuramente fare a meno delle forze politiche che compongono Coordinamento 2050, orientate a scegliere il M5S. «Nei prossimi giorni raccoglieremo le forze politiche della sinistra e ambientaliste, le energie sociali e civiche che qui hanno espresso interesse convinto per partecipare insieme al M5S alla sfida elettorale per il Lazio», spiegano i promotori Stefano Fassina, Loredana De Petris, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Cento, Giuseppe Libutti e Claudio Grassi, che sabato hanno incontrato Giuseppe Conte. All'assemblea sono intervenuti l'assessore regionale Valentina Corrado, il segretario di Sinistra Italiana Lazio Massimo Cervellini, Andrea Gargano di Art 1, il consigliere regionale di LeU Daniele Ognibene, i segretari regionali di Cgil e Uil, Natale Di Cola e Alberto Civica, il Presidente di Arci Roma Vito Scalise, la portavoce del Forum Terzo Settore del Lazio, Francesca Danese, il coordinatore di Italia in Comune Alessio Pascucci, oltre a rappresentanti locali di Lega Ambiente e altre associazioni ambientaliste. Ad Alessio D'Amato, per ora, restano solo i Verdi, oltre al Pd e al Terzo polo di Carlo Calenda (il vero king-maker del candidato governatore) e Matteo Renzi. Quanto ai rapporti tra Dem e M5S, nel Lazio sembrano irrecuperabili dopo le accuse di Conte a D'Amato sul danno erariale da 300mila euro accertato dalla Corte dei conti per il quale l'assessore è ricorso in appello.

«Giuseppe Conte è garantista a giorni alterni. Tutti ricordiamo quando, per non perdere la sua poltrona di premier, non disse una parola sulla scandalo dei 49 milioni della Lega. L'uso che fa Conte della questione giustizia è davvero ignobile e osceno», tuona Andrea Casu, deputato del Pd e segretario del Pd Roma. Polemiche che finiranno per avvantaggiare la destra, relegando D'Amato e il M5S a una corsa per il secondo posto. Che varrà poco: solo l'elezione in Consiglio regionale per il candidato presidente che arriverà dietro a quello del centrodestra. Una magra consolazione. 

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