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Manovra, Meloni supera l'esame Ue. Tra i bocciati Germania, Belgio e Austria

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Gianluca Zapponini
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Sulla carta sono ancora i Paesi frugali, quelli tutto rigore sui conti e zero sconti a chi ha un debito alto, sempre pronti a mettere il becco nelle finanze altrui, italiane in testa. Eppure, sono anche coloro che hanno incassato una bocciatura dalla Commissione europea sulle rispettive manovre. Nel giorno in cui Bruxelles promuove, non certo formalmente, la legge di Bilancio targata Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni, la storia in Europa sembra prendere un’altra piega. Antefatto. L’Europa accende il disco verde per la manovra del governo a trazione Fratelli d’Italia. Non era scontato per una ex finanziaria dalla potenza di fuoco sì da 35 miliardi, ma tutta o quasi a base di deficit.

 

Per fortuna, rimanere nel solco della prudenza e della responsabilità, con pochi colpi di testa e tanto realismo, a cominciare dalla priorità per famiglie e partite Iva, sembra aver pagato. E così, nella tarda mattinata di ieri, la Commissione ha pubblicato un giudizio «complessivamente positivo» sulla manovra tricolore. Ma con delle note a pié di pagina.

Nel comunicato sulle sue valutazioni, per esempio, Bruxelles avverte anche che il piano italiano «include misure incoerenti con la parte strutturale delle precedenti raccomandazioni sul Bilancio (da parte dell’Ue), in particolare sui settori di pensioni e dell’evasione fiscale, incluso sull’uso obbligatorio dei pagamenti elettronici e la soglia legale dei pagamenti in contanti». Inoltre l’Italia «non ha ancora fatto progressi riguardo alla riforma fiscale per ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro (cuneo fiscale, ndr) e aumentare l’efficienza del sistema fiscale», si legge nel parere della Commissione. Insomma, bene ma qualche neo c’è. «La Commissione ritiene inoltre che l’Italia non abbia ancora compiuto progressi sul fronte della parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio contenute nella raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2022 nel contesto del semestre europeo e invita pertanto le autorità ad accelerare i progressi. I progressi compiuti nell’attuazione delle raccomandazioni specifiche per Paese saranno descritti in modo esaustivo nella relazione per Paese 2023 e valutati nel contesto delle raccomandazioni specifiche per Paese che la Commissione proporrà nella primavera del 2023».

 

Va bene, ma nonostante tutto per il premier Meloni è abbastanza per alzare un calice ed essere «particolarmente soddisfatti del giudizio espresso dalla Commissione europea sulla legge di Bilancio. Una valutazione positiva che conferma la bontà del lavoro del governo italiano, sottolinea la solidità della manovra economica e ribadisce la visione di sviluppo e crescita che la orienta. In questa direzione continueremo a lavorare nell’interesse dei cittadini italiani, delle famiglie e delle imprese». E lo stesso è stato per chi la manovra l’ha scritta, Giancarlo Giorgetti, che ha tirato direttamente in ballo i gufi o disfattisti per partito preso. «La Commissione ha promosso la nostra manovra giudicandola in linea: l’Italia è quindi inserita nella metà dei Paesi europei che sono dalla parte giusta. Questo risultato è una grande soddisfazione. Abbiamo smentito i gufi nazionali: serietà e responsabilità pagano e continueranno a essere alla base di ogni nostra decisione», ha esultato Giorgetti. 

 

E gli altri? Qui viene il bello, perché Roma forse non è più il brutto anatroccolo d'Europa, anzi. La stessa Commissione ha infatti riservato delle stroncature ben più pesanti ad altri Stati membri, con alcune vittime illustri. Lo si scopre scorrendo la lista della sintesi dei giudizi per le varie manovre. Oltre all'Italia, sono risultati «in linea» Francia, Grecia, Spagna, Cipro, Croazia, Finlandia, Irlanda, Lettonia e Malta. Qui finisce l'elenco dei promossi. E gli altri? Male la ex locomotiva d’Europa Germania, per passare a Belgio, Portogallo, Austria, Estonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi (acerrimi nemici del price cap) Slovenia e Slovacchia. Tutti considerati fuori fase e forse un po’ troppo creativi per motivi che potrebbero essere i più disparati e che si scopriranno leggendo i verdetti nei dettagli. L'aspetto più paradossale è che tra i «cattivi» vi siano anche Paesi, come Germania e Olanda, normalmente abituati a criticare le politiche economiche dei governi italiani. La storia spesso si ripete, ma forse non stavolta.
 

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