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La riforma garantista di Nordio: basta abusi nella giustizia. Svolta su azione penale e intercettazioni

Dario Martini
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Il Guardasigilli Carlo Nordio ha illustrato le linee programmatiche del suo ministero in commissione Giustizia al Senato. La sua riforma sarà improntata ad un principio cardine: il garantismo. Nordio tocca molti aspetti della giustizia, dalla separazione delle carriere («Non hanno senso giudici e pm nello stesso ordine») alle intercettazioni («Strumento micidiale di delegittimazione») fino all'azione penale («Arbitraria e capricciosa», con «la presunzione d'innocenza che continua ad essere vulnerata in molti modi»). Il ministro spiega subito la sfida che si è posto: «È necessaria una riforma del codice penale adeguandolo nei suoi principi al dettato costituzionale», anche con una «modifica costituzionale». «Il nostro Codice che disciplina le strutture e le fattispecie dei reati è del 1930 e nella sua relazione di accompagnamento viene indicato come la più significativa espressione dell'ideologia fascista- aggiunge- Esso tuttavia è stato modificato solo in pochi elementi sopprimendo i reati più odiosi, integrità della stirpe ed altro, e introducendone altri, principalmente attraverso leggi speciali non sempre coordinati con la sua struttura. Al contrario il Codice di procedura penale è relativamente recente ed è stato elaborato da un pluridecorato della Resistenza, il professor Vassalli».

 

Per quanto riguarda la separazione delle carriere, il ministro della Giustizia ritiene che «non abbia senso che i pm appartengano allo stesso ordine dei giudici perché svolgono un ruolo completamente diverso. Nella gestione di migliaia di fascicoli il pubblico ministero non è in grado, per carenza di risorse, di occuparsene integralmente, e quindi è costretto a una scelta; non solo, ma può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza dover rispondere a nessuno. Un tale sistema conferisce alle iniziative- e talvolta alle ambizioni - individuali di alcuni magistrati, per fortuna pochi, un'egemonia resa più incisiva dall'assenza di responsabilità in caso di mala gestione. Quindi è svincolato da quei controlli che, in ogni democrazia, accompagnano e limitano l'esercizio di un potere».

 

A questo aspetto si lega strettamente lo strumento delle intercettazioni, per cui il ministro della Giustizia annuncia: «Vigileremo in modo rigoroso. Talvolta hanno una diffusione pilotata diventando strumento micidiale di delegittimazione personale e politica» e finiscono per divenire un «pericolo per la riservatezza e l'onore delle persone». Ecco allora che «ogni qual volta ci sarà una violazione del segreto istruttorio» scatteranno «ispezioni immediate e rigorose». Infine, la custodia cautelare: «Non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo. È ragionevole spostare la competenza dal gip a una sezione costituita presso la Corte d'Appello, con competenza distrettuale».

 

Il premier Giorgia Meloni fa sapere che il governo condivide in toto il programma di Nordio: «Io sono garantista nel processo e giustizialista nell'esecuzione della pena». Una sponda arriva anche dal Terzo polo, con Matteo Renzi che commenta: «Vedremo se si passerà dalle parole ai fatti come ci auguriamo». Dura, invece, la reazione dell'Associazione nazionale magistrati, per cui «le parole di Nordio sono vaghe e ingenerose». Il presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia, fa una domanda: «Quando l'azione penale diventa discrezionale chi decide quali reati perseguire e quali no?». E si dà la risposta: «La politica, come in ogni sistema».

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