Psicodramma Pd, gli 87 saggi già litigano sul Manifesto dei valori
Che il processo di rinnovamento, anzi di rifondazione, del Pd sarebbe stato difficile era abbastanza prevedibile. Ma che il partito sarebbe imploso alla prima riunione per delineare i valori della galassia dem la dice lunga sullo stato di salute di quello che dovrebbe essere il punti di riferimento dei progressisti italiani. A decidere i punti cardine del "Manifesto dei valori" in vista del congresso sono stati chiamati 87 saggi, e forse giù qui sta il problema: troppi galli a cantare nel marasma delle correnti.
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"Già quando mi hanno detto che saremmo stati in 87 ho detto: 'Ok, ho capito come va a finire'", dice uno degli incaricati scelti tra partito, società civile e mondo accademico al Fatto quotidiano. La prima riunione si è svolta due giorni fa e a quanto scrive il quotidiano è andata malissimo. Il Manifesto del 2008 va riscritto in poche settimane ma già si ci si scontra ad esempio sulle armi all'Ucraina e sulle spese militari, vista la critica al riarmo contenuta nel documento di base. "Se scriviamo che siamo per un multilateralismo democratico e che si deve far funzionare meglio la cooperazione internazionale credo che non ci saranno problemi", sostiene un esponente di Base Riformista che propone una mediazione "lessicale". Tra i saggi non mancano esponenti su posizioni più pacifiste come Graziano Delrio, Paolo Ciani, Laura Boldrini, Sandro Ruotolo.
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Le divisioni riguardano anche altri temi, come quelli legati al lavoro, al welfare e alla globalizzazione. L'ex deputato Stefano Ceccanti ammette che si è trattato di una "falsa partenza" e attacca chi "ha voluto creare uno scontro tra mozioni invece che partecipare a una costituente". Si battaglia sul manifesto futuro ma anche su quello approvato a suo tempo, con la politologa Nadia Urbinati che ha definito il testo del 2007 "bolso e indigeribile", mentre per Debora Serracchiani "non può essere buttato via, perché è una base di innovazione". Roberto Speranza chiede di "espungere il liberismo", Andrea Orlando ammette di aver sbagliato sulla globalizzazione. In altre parole, il solito psicodramma dem. Comunque vada, non c'è niente di più rappresentativo del Pd di un'assemblea divisa sin dal primo giorno.