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Sfogo di Borghi sul parlamento ridotto: "Slalom tra sedute, è impossibile fare il senatore”

Pietro De Leo
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«Mettiamola giù così: prima c'erano mille problemi, e mille parlamentari. Adesso, i parlamentari sono diventati seicento, ma i problemi duemila.
Vuol dire che ognuno ha in media più di tre problemi di cui deve occuparsi, e per forza di cose lo fa meno bene di prima». Il Tempo telefona a Claudio Borghi, senatore della Lega, dopo aver letto un suo tweet in cui lamentava l'effetto del taglio dei parlamentari: «senatori che corrono da una commissione all'altra saltando da agricoltura a sanità. Progetto di ulteriore dequalificazione del Parlamento riuscito in pieno», denunciava sui social.

Senatori Borghi, cosa può raccontarci da esperienza diretta?
«Io sono alla Bilancio, che è la mia commissione principale. Ma sostituisco anche il collega Calderoli, diventato ministro, in Commissione Politiche dell'Unione Europea. Bene, c'era una seduta alla Bilancio e io non potevo lasciarla, perché sono relatore al dl Aiuti ter e devo dare i pareri. Però in concomitanza c'era la convocazione dell'altra. Ho dovuto chiedere ad una collega di sostituirmi all'ultimo minuto. Lei è volata in Commissione votando "sulla fiducia" secondo le indicazioni che le ho dato io. Il lavoro parlamentare non dovrebbe essere così. E poi dobbiamo considerare che ancora non sono partite commissioni come il Copasir, di cui anche lì sono componente, e le commissioni d'inchiesta. Organismi importantissimi».

E che creeranno altri problemi di sovrapposizioni...
«Sicuramente sarà peggio».

 

 

Di certo non aiuta il fatto che molti componenti del governo, tra ministri e sottosegretari, sono senatori...
«Sì, ma io mi metto anche nei panni dell'opposizione. Non hanno problemi di dover sostituire i componenti del governo, ma sono di meno. Questo non aiuta l'incisività».

In sintesi: la riduzione dei parlamentari è stata un disastro per il funzionamento delle Camere. È così?
«Sul termine "disastro", aspettiamo di vedere prima di fare una valutazione così. Però c'è un'ulteriore compressione delle prerogative parlamentari, questo possiamo già dirlo. Accadrà che in apparenza il Parlamento sarà più efficiente, perché essere meno comporterà meno tempo, ad esempio, per fare ostruzionismo. Ma tutto questo a scapito della qualità dell'analisi. Tanti voti, con scarso esame».

Nel Movimento 5 Stelle, che aveva fatto del taglio una sua missione, si diceva che avrebbe portato un gran risparmio... e invece?
«Di certo si son risparmiate le indennità dei parlamentari che non ci sono più. Ma non è che poi la qualità della vita dei cittadini sia salita. Io sono sempre stato sempre contrario al taglio, e forse avevo ragione».

 

 

Lei aveva esplicitato il suo «no» al referendum, ma quando era passata la norma di modifica costituzionale alle Camere, come aveva votato?
«Non avevo partecipato al voto. In quanto presidente di Commissione ero tecnicamente in missione. Non potevo però dirmi apertamente contrario perché era nel programma elettorale del partito. Anche in quel caso non ero stato favorevole, però, sa, in un programma così vasto non puoi pensare che sia tutto come vuoi tu. Invece, per il referendum da libero cittadino ho detto no».

Un po' tutti i partiti, anche il centrodestra, seguirono il Movimento 5 Stelle nella riduzione dei parlamentari, salvo avere enormi perplessità con l'avvicinarsi del referendum del 2020. Non è stato un grande affare andar dietro ai pentastellati...
«Decisamente no. Come tutte le iniziative promosse dal M5S».

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