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Giallisti e riciclati, ecco l'"armata" per rifondare il Pd

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Carlantonio Solimene
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C'è chi, come la vicesegretaria del Piemonte Monica Canalis, se la prende con il «romanocentrismo» del partito. Chi, come il «Collettivo delle donne del Pd», mette nel mirino il «metodo» e la «poca trasparenza nelle scelte». Chi, come Chiara Gribaudo, denuncia la pressoché totale assenza di under 40. Un piccolo campionario di distinguo per mostrare come la nascita del «Comitato costituente del Pd» battezzato pomposamente da Enrico Letta nella Direzione di giovedì abbia raccolto - eufemismo - poco entusiasmo.

 

C'è da comprenderli, gli scettici. Tredici anni fa, quando Walter Veltroni fondò il Partito democratico, affidò la scrittura della carta dei valori a un comitato di 45 esperti che, a sinistra, avevano un certo peso. C'erano lo stesso Enrico Letta, Piero Fassino, Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Francesco Rutelli, Romano Prodi, Giuliano Amato, Sergio Cofferati. Oggi non solo si moltiplica la partecipazione all'organismo rendendo ancora più difficili le decisioni- sono 87 i nominati, altri saranno scelti dalle Regioni, altri estratti a sorte, alla fine si arriverà a cento delegati- ma si affolla la platea prevalentemente di seconde file. Parlamentari pressoché sconosciuti, scelti non si sa bene con quale criterio. Anzi, un criterio ci sarebbe pure, secondo i maliziosi: la stragrande maggioranza fa parte delle correnti contrarie alla candidatura di Stefano Bonaccini. E siccome la consegna della nuova carta dei valori arriverà prima dell'elezione del nuovo segretario, c'è il rischio concreto che il vincitore si ritrovi a gestire un partito con una piattaforma programmatica scritta dai suoi oppositori. Un capolavoro di coerenza.

 

Che poi il problema non sono solo le idee, ma gli stessi profili. Tra i Dem i mal di pancia maggiori sono per la cospicua presenza di esponenti di Articoli 1. Gli «scissionisti» dell'era renziana ora rientrano dalla porta principale e si preparano a mettere il loro marchio sul futuro del Nazareno. Roberto Speranza è, al fianco di Letta, tra i «garanti del percorso costituente». E poi ci sono i vari Alfredo d'Attorre, Roberta Agostini ed Elettra Pozzilli, riciclati come esponenti della società civile.

 

A proposito di società civile, alcune presenze nel comitato sono quanto meno curiose. Prendasi il giallista Maurizio De Giovanni. Popolare lo è di certo, visto che le trasposizioni dei suoi romanzi in fiction Rai sono in genere accolte da un notevole successo. Ma cosa avrà da dire sul futuro della sinistra? Magari Letta & Co. sono rimasti impressionati dalla visione di «Mina Settembre», dove una giovane donna con stipendio da assistente sociale conduce una vita a base di pochissime ore di lavoro, casa nobiliare in centro storico, aperitivi con le amiche, cene in ristoranti gourmet e il tutto attraversando una Napoli senza neanche una cartaccia per terra.

 

Una perfetta traduzione su schermo di quel «diritto all'eleganza e alla moda» incautamente rivendicato da Soumahoro a Piazzapulita. E che dire di Enrico Giovannini? Non c'è un comitato in cui l'ex presidente dell'Istat e pluriministro non sia stato invitato. Il problema sono i risultati. La Commissione che presiedette dieci anni fa per mettere a confronto gli stipendi dei parlamentari italiani con quelli dei colleghi all'estero si concluse con un mesto «non siamo riusciti a raccogliere i dati». Un anno dopo Giorgio Napolitano lo coinvolse nel Comitato dei saggi che doveva redigere il piano di riforme istituzionali per il Paese. Anche quell'avventura, come noto, non ebbe fortuna. Né risultano lasciti memorabili dalle sue esperienze di governo.

Insomma, non fosse altro che per scaramanzia, forse sarebbe stato meglio tenerlo fuori. L'impressione, insomma, è che il pomposo comitato nasca già sgonfio e avvolto dallo scetticismo generale. Tradotto alla perfezione dalle dichiarazioni di Bonaccini: «Il comitato? Discuteremo con le persone che ieri sono state scelte - ha detto il governatore dell'Emilia Romagna ma soprattutto dobbiamo accelerare, perché credo che i cittadini non capiscano fino in fondo quanti mesi ci mettiamo per scegliere un nuovo gruppo dirigente». Come dire: lasciamo che gli esperti giochino, ma poi sbrighiamoci a passare alle cose serie.

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