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Governo, l'idea del ministro Valditara: “Niente reddito di cittadinanza a chi non studia”

Benedetto Antonelli
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Niente reddito di cittadinanza per chi non completa gli studi. La proposta arriva dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara. Nell'ambito della modifica Rdc per il 2023, e quindi della riforma nel 2024, annunciate nella legge di bilancio, Valditara ha fatto eseguire una ricerca alle strutture del ministero a proposito dei giovani nella fascia compresa trai 18 e i 29 anni percettori di reddito. Lo studio ha dato un esito che il ministro definisce «sorprendente e inquietante», motivo per cui annuncia di avere elaborato la proposta «che mostra come la parola Merito nella visione mia e del governo non sia un orpello retorico, ma costituisca un preciso indirizzo politico». Innanzitutto i dati: «In Italia ci sono 364.101 percettori di reddito di cittadinanza nella fascia compresa tra i 18 e i 29 anni - spiega Valditara - di essi, abbiamo scoperto che ben 11.290 possiedono soltanto la licenza elementare o addirittura nessun titolo, e altri 128.710 soltanto il titolo di licenza media. Noi riteniamo si debba prevedere l'obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale nel caso di persone con titolo di studio superiore ma non occupate né impegnate in aggiornamenti formativi, pena in entrambi i casi la perdita del reddito, o dell'eventuale misura assistenziale che dal 2024 lo sostituirà».

 

 

«Questi ragazzi preferiscono percepire il reddito anziché studiare e formarsi per costruire un progetto di vita - aggiunge il ministro - Un ragazzo non può rinunciare a coltivare i suoi talenti ed essere contemporaneamente pagato dallo Stato, ovvero dai cittadini italiani». Intanto, la legge di bilancio dovrebbe approdare lunedì alla Camera, dando così il via alla sessione parlamentare sulla prima manovra del governo Meloni. La premier rivendica con orgoglio il lavoro fatto dall'esecutivo per una finanziaria «scritta in tempi record», definita ancora una volta «coraggiosa e concreta», che «bada al sodo» e «offre una visione sulle priorità economiche». Priorità che la presidente del Consiglio mette in fila in un post social: «Favorire la crescita, aiutare i più fragili, investire nelle famiglie, accrescere la giustizia sociale, sostenere il nostro tessuto produttivo, scommettere sul futuro».

 

 

L'illustrazione del provvedimento e la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi parlamentari dovrebbe concludersi a Montecitorio entro il 2 dicembre. Dal 5 al 7 del mese la commissione Bilancio sarà impegnata sull'ammissione e la segnalazione delle proposte di modifica: l'intesa sarebbe quella di consentire un emendamento per deputato, quindi 400, suddivisi sul numero dei componenti dei gruppi. Dal 12 al 16 dicembre si entrerà poi nel vivo, con l'esame in commissione: al Parlamento dovrebbe essere garantito un "tesoretto" per le modifiche. Dal 19 al 21 il testo è atteso in Aula, per il voto: entro il 23 dicembre, quindi prima di Natale, il voto degli ordini del giorno e la trasmissione in Senato dove l'esame "lampo" deve concludersi entro il 31 dicembre, pena l'esercizio provvisorio.

 

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