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Migranti, Nicola Molteni: "L'Italia non può essere l'unica ad aprire i porti"
«La prima cosa da dire è che finalmente l'Italia può dirsi uno stato davvero sovrano, grazie ad un Governo pienamente legittimato da un voto popolare, deciso a difendere frontiere e confini: un Governo, insomma, che non si fa dettare l'agenda politica sull'immigrazione da organizzazioni private straniere, quali sono ad esempio le Ong, né, tantomeno, da altri Stati». Il sottosegretario al Ministero degli Interni, Nicola Molteni, rivendica con convinzione l'operato del Governo Meloni nella vicenda Ocean Vikings: il nuovo approccio italiano all'immigrazione, secondo Molteni, ha infatti «riacceso il dibattito europeo sul tema, permettendo all'Italia di tornare finalmente a dire la propria sui tavoli comunitari», aprendo «nuove prospettive diplomatiche».
Sottosegretario Molteni, cosa cambia per l'Italia dopo quanto accaduto negli ultimi giorni?
«Per prima cosa, il fatto che l'Ocean Vikings sia andata in Francia afferma un principio sacrosanto, e cioè che i porti di sbarco, da questo momento in poi, non saranno solo quelli italiani, ma anche quelli del resto d'Europa. Ci attendiamo infatti che sul tema dell'immigrazione i due concetti tanto sbandierati a parole di solidarietà e responsabilità comincino ad essere applicati concretamente anche dagli altri Paesi. Perché dopo gli ultimi accadimenti, nessuno in Europa potrà più fare finta di nulla. Inoltre ha aiutato a far luce sul ruolo controverso che le Ong ricoprono in queste situazioni».
Ci può spiegare meglio quest'ultima affermazione?
«Voglio dire che la vicenda Ocean Vikings ha avuto il merito, tra le altre cose, di mostrare a tutti quanto le navi Ong siano determinanti nel fenomeno dell'immigrazione illegale: ora nessuno può più negare che siano un "pull factor" determinante, come sottolineato più volte da Frontex. Ed è giunto il momento di capire che questo è un problema non solo per l'Italia, ma per tutta l'Europa. Perché l'immigrazione incontrollata rischia di essere un fattore di instabilità per tutto il continente».
Al netto delle tensioni venute a galla, la vicenda può aprire nuove prospettive diplomatiche?
«Certo. Quanto accaduto negli ultimi giorni, grazie anche al nuovo atteggiamento del Governo italiano, ha fatto sì che il tema dell'immigrazione, negli ultimi anni sparito dai tavoli europei, ora tornerà necessariamente al centro del dibattito comunitario, cosa che di sicuro aprirà per noi prospettive diplomatiche interessanti durante i prossimi vertici europei. Anche perché una gestione controllata dei flussi porterebbe benefici all'intera Eurozona: è una questione di opportunità che riguarda tutti, essendo quella italiana, di fatto, la frontiera europea».
Oltre agli interventi a livello europeo, cos' altro può fare l'Italia per arginare l'emergenza immigrazione?
«Due sono le strade maestre da percorrere. La prima è quella che porta a bloccare le partenze intervenendo direttamente sui Paesi di provenienza attraverso accordi commerciali e piani di sviluppo economico-finanaziari che permettano di fermare il fenomeno sul nascere. La seconda cosa da fare è quella di riconoscere la responsabilità dello stato di bandiera: se, ad esempio, c'è una Ong tedesca che batte bandiera tedesca, chi si trova su quella nave deve essere ritenuto a tutti gli effetti sul territorio tedesco».
Il Governo ha in cantiere nuove leggi al riguardo?
«Ovviamente sì. A quanto già detto bisognerà infatti affiancare una revisione delle normative nazionali sul tema dell'immigrazione. Con Salvini agli Interni nel primo Governo Conte abbiamo già dimostrato quanto possano essere efficaci al livello di deterrenza leggi ben congegnate, come lo erano i decreti sicurezza. Già nelle prossime settimane in questo senso credo che ci possano essere delle novità. L'Italia non può più essere il campo profughi d'Europa».