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Nel Pd è scontro totale. E Letta ammette: “È il periodo più brutto della mia vita”

Gaetano Mineo
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Regna anarchia e non c'è nessuna rotta. Anche in Lombardia, il Partito Democratico rischia di esplodere. A poco più di tre mesi dalle Regionali, il Pd lombardo naviga avista. Di più. Perché se da un lato l'assemblea regionale Dem ha deciso di non sostenere la candidatura a governatore di Letizia Moratti (Terzo polo) e di fare le primarie di coalizione per partorire il candidato al Pirellone, dall'altro, in barba alle decisioni degli organismi di partito, il dem Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa del comune di Milano, ha annunciato ufficialmente la sua candidatura, bocciando anche i vertici del Nazareno. «Il candidato non può essere un accordo tra le segreterie uscite sconfitte dal voto - tuona Maran - ma ha bisogno di una legittimazione dei cittadini. Io intendo provarci. Fino all'ultimo cercherò di allargare più possibile». La mossa dell'assessore di Giuseppe Sala, tra l'altro, è sostenuta da diversi sindaci Pd lombardi ed esclude categoricamente un'alleanza con i pentastellati («Non abbiamo bisogno di pensare che serve il M5s»). Sembra avere il sapore di vendetta, tra l'altro, la candidatura del 42enne dem dato che è stato uno dei grandi esclusi dai vertici Pd dalla corsa per le Politiche. E così Maran rompe l'impasse del centrosinistra in Lombardia, dopo il no del senatore Carlo Cottarelli, dell'eurodeputato Giuliano Pisapia e del sindaco di Brescia Emilio Del Bono.

 

 

Quanto basta per far saltare in aria il segretario del Pd lombardo. «Se qualcuno pensa che la strada della coalizione sia da abbandonare per una corsa solitaria del Pd - sbotta Vinicio Peluffo - si pone in netta contraddizione con quello deciso insieme». C'è da dire che la decisione dell'assemblea regionale dem di fare le primarie di coalizione, sembra tratta da un racconto fantastico: come si fa a parlare di primarie di coalizione quando non c'è nessuna coalizione? Il Terzo polo viaggia da solo spedito con la Moratti mentre il M5s, finora, non vuol sentire parlare di nessun accordo, tanto meno con il Pd, a tal punto che starebbe lavorando a una propria candidatura. In questo scenario c'è il Pd che in Lombardia ha deciso di non appoggiare il candidato del Terzo polo mentre nel Lazio, il nome dell'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato, piace anche a Carlo Calenda che lo ha portato avanti ancor prima che il Pd trovasse un accordo al suo interno. Nessuna rotta e piena anarchia, dicevamo.

 

 

Non a casa, come riferisce La Stampa, il segretario Pd, Enrico Letta, si sente sconsolato. «Quanto è difficile, stavolta - sottolinea il capo del Nazareno -. In alcuni momenti temo che il partito possa implodere e non tenere fino a marzo. È il periodo più brutto della mia vita». Già, fine marzo. Ma è stato proprio Letta a tirarla per le lunghe questa sua successione. Come si fa ad annunciare le dimissioni e allo stesso tempo decidere di continuare a guidare il partito per più di altri sei mesi, in una fase delicata e aggravata da una batosta elettorale? Ma ora, Letta, sembra averlo capito e sta facendo di tutto per anticipare il congresso a gennaio. Anche perché, coma sa benissimo lo stesso Letta, finché lui resta al Nazareno ricucire lo strappo con i 5stelle sarà quasi impossibile. E, Giuseppe Conte, l'ha detto in tutte le salse. Nona caso la mossa di anticipare il congresso si sta concretizzando anche grazie al sostegno di una petizione che ha già superato le 600 firme, e promossa da alcuni esponenti Dem, tra cui Alessandra Moretti, Alessia Morani e Valeria Fedeli. I promotori chiedono che «il Pd faccia il Pd» che «la smetta subito di essere a traino di altri» quindi «fare presto».

 

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